L’ultima lezione di don Renner allo Stab

“Voltare pagina”: con questa espressione don Paolo Renner ha salutato, venerdì scorso, i suoi colleghi e i suoi studenti. Il giorno dopo le ultime lezioni allo Studio Teologico Accademico di Bressanone. “Loslassen”, ovvero: lasciar andare. Una costante nella vita di don Paolo, come racconta lui stesso: “Lasciare famiglia e casa per seguire Gesù (Mt 19,27). Per questo ho lasciato Merano e poi Piacenza e poi Roma e ho abitato quasi 35 anni in due stanze a Bressanone, in quella che era la ‘Professorenhaus’”.

Don Paolo/Paul Renner è un pezzo di storia della Chiesa altoatesina degli ultimi decenni. Una storia che non si ferma. Libero battitore e al tempo stesso partecipe, anche con importanti ruoli istituzionali, dei vari livelli di vita della diocesi: l’insegnamento, la pastorale, la formazione, l’animazione socio-politica, le comunicazioni sociali, il bilinguismo, l’ecumenismo, il mondo. Tutto. Uomo che parte, uomo che si ferma. Non ripercorreremo qui la sua vita, perché non si tratta di scrivere un epitaffio, ma di spunti per un primo bilancio. Perché lui ripartirà.

“Come teologo sulla soglia del pensionamento vorrei che la teologia fosse più vicina alla gente”, ci dice guardando all’esperienza raccolta. “I teologi non devono essere soltanto persone che studiano a tavolino e che calano dall’alto i risultati della loro ricerca. Devono essere capaci soprattutto di ascolto”. È lo Shema Israel dell’Antico Testamento. “Il teologo deve ascoltare prima di parlare, altrimenti rischia che i suoi messaggi passino sopra le teste delle persone, anziché essere immersi nelle varie realtà della vita. La teologia – come la Chiesa – deve essere presente nel mondo contemporaneo, in quello reale, non in un mondo astratto. Non deve trasmettere verità stereotipate, ma essere una presenza viva”. E cita, per chiarire la mission del teologo, il titolo di un libro di Bruno Forte: “La teologia come memoria, compagnia e profezia”.

Don Paolo ha vissuto e osservato da vicino gli sviluppi della Chiesa universale almeno a partire dai suoi anni romani. Nato a Merano nel 1958, ha studiato alla Pontificia Università Gregoriana dal 1979 al 1988. Nel frattempo, nel 1985, è stato ordinato sacerdote, uno degli ultimi dell’era Gargitter. Con lui, a celebrare la prima Messa nella chiesa di S. Spirito di Merano, il compianto don Luigi Falconi.

Come è cambiata la Chiesa universale in questi ultimi decenni? “È diventata veramente più universale”, dice don Paolo. “Guardando Roma, che un tempo era dominio quasi esclusivo di preti, vescovi e cardinali italiani, oggi è molto più internazionale. Lo aveva auspicato il nostro vescovo Joseph Gargitter al Concilio Vaticano II, chiedendo l’internazionalizzazione della curia romana e maggior spazio per la collegialità episcopale”. “Anche papa Francesco si definisce continuamente vescovo di Roma. Presiede la Chiesa universale ‘nella carità’, non come pontefice massimo. La Chiesa cattolica è diventata senz’altro più ecumenica e più aperta al dialogo interreligioso. C’è un insieme di segnali che mostrano una Chiesa più povera nei numeri, ma sicuramente più autentica nella sua volontà di servire l’uomo. La Chiesa universale si trova sempre più al servizio della giustizia, della verità, dei deboli, dei poveri, anche al servizio della pace. C’è stata una svolta sempre più evangelica della Chiesa cattolica degli ultimi anni”.

Così anche a Bolzano? “La Chiesa di Bolzano-Bressanone ha la missione particolare di favorire una convivenza che non sia soltanto un viversi accanto, ma un vivere gli uni con gli altri, gli uni per gli altri. Su questo dovrà ancora fare del lavoro per diventare una Chiesa veramente bilingue, una Chiesa in cui tutti si sentano accolti e che abbiano la stessa rilevanza globale. Non che ci sia un gruppo più forte, che ha più peso e che prende le decisioni, e un altro gruppo che deve piuttosto accettarle e supportarle. Vorrei che la Chiesa della nostra diocesi fosse ancora più presente nel sociale, fosse ancora più modello nella gestione biologica dei suoi possedimenti agricoli, vorrei che fosse ancora più schierata dalla parte degli ultimi, dalla parte di chi combatte per una vita dignitosa. E che non si fermasse su questioni che la gente a volte ritiene secondarie e non così centrali per l’esistenza”. Una Chiesa sul confine. “Ha la funzione di fare da ponte tra mondo cattolico e quello evangelico, con altre realtà ecumeniche come le Chiese ortodosse. Anche con le altre religioni, come l’ebraismo, visto che abbiamo la sinagoga di Merano che è un centro di culto importante”.

Ma torniamo al don Renner professore di teologia fondamentale. “Il ruolo del teologo oggi non è più soltanto quello di preparare le dichiarazioni del magistero e di spiegarle ai fedeli, ma quello di indagare le questioni calde del nostro tempo, di cercare di interpretare alla luce del Vangelo e della tradizione cristiana le istanze più importanti per la società di oggi. Riuscire a portare un ‘vangelo’, un messaggio di speranza, in un mondo spesso afflitto da un nichilismo cosmico e dalla stanchezza di vivere”.

I teologi cristiani sono diventati attori di dialogo con i teologi di altre religioni. “Non soltanto parlano ma anche ascoltano, discutono e imparano da altre tradizioni religiose e anche dalla scienza, i cui sviluppi vanno conosciuti e integrati nella ricerca teologica”.

A don Paolo un “in bocca al lupo”, sapendo che di questi tempi il lupo non è più solo una metafora (o anche sì).

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