Ma sappiamo chi siamo?

I lettura: Isaia 40,1-5.9-11;

II lettura: Efesini Tito 2,11-14; 3,4-7;

Vangelo: Luca 3,15-16.21-22

Le Feste sono passate. Le luminarie e gli alberi di Natale vanno scomparendo. Tutto ritorna come prima. Per certuni, le Feste sono una specie di deviazione dall’autostrada della normalità: ci si ferma un po’, ci si ristora e poi si riparte, senza che sia cambiato gran che. E’ un po’ poco: non vi pare? Chi ha vissuto il Natale da vicino, in tutte quelle occasioni che sono state offerte (le cosiddette “feste”), ha diritto di aspettarsi qualcosa di più. Anche le giornate hanno preso lentamente ad allungarsi, c’è un po’ di più luce. Ebbene, anche nella nostra vita può esserci più luce. Mi riferisco a quell’annuncio che abbiamo sentito più volte: “la luce è venuta nel mondo e le tenebre non l’hanno vinta: a coloro che l’hanno accolta, ha dato la possibilità di diventare figli di Dio”.

In questa Domenica si ricorda il Battesimo di Gesù. Ovviamente è l’occasione per ripensare al nostro Battesimo. Cosa è accaduto esattamente quel giorno? Se eravamo tanto piccoli da non rendercene conto, ora non più. E’ giusto, è doveroso prenderne coscienza.

“Battesimo” significa “immersione”. “Battezzare…” vuol dire “immergere”: sì, come nell’acqua di una piscina. Altre parole che ci possono aiutare a capire sono, ad esempio, “innesto”, oppure “trapianto”. Il giorno del battesimo noi siamo stati immersi, innestati, trapiantati in Gesù Cristo: sì, pensate pure al trapianto di un organo in un altro corpo, o all’innesto di un ramo su un’altra pianta; quel corpo, quella pianta, è lui: Gesù. Sia che ci pensiamo, sia che non ci pensiamo, noi siamo parte di lui. Quando è venuto in mezzo a noi, ha condiviso tutto ciò che è nostro. Noi, nel Battesimo, abbiamo preso a condividere tutto ciò che è suo. E che cosa precisamente?

Al Battesimo, non abbiamo ricevuto solo un po’ d’acqua sul capo; siamo stati segnati – unti – con l’olio profumato del crisma: un segno pieno di senso e di conseguenze questo. Il sacerdote in quel momento ha detto: “Dio ti consacra con il crisma di salvezza, perchè tu, innestato in Gesù – sacerdote, re e profeta – possa essere membro del suo corpo per sempre”.

Gesù è Sacerdote, Re e Profeta: è la sua identità. Ebbene, tu – che sei innestato in lui – condividi queste stesse prerogative: insieme a lui sei Sacerdote, Re e Profeta. Qualcuno penserà: “ma che cose strampalate sta dicendo questo prete?”. Sì, lo riconosco, non capita spesso di sentir dire cose del genere; ciononostante sono di tale importanza che ignorarle significherebbe trovarsi defraudati di ciò che si ha di più prezioso. Cerchiamo di capire, pertanto.

Gesù Cristo è il nostro unico e insostituibile Sacerdote. Innestati in lui, come membra del suo corpo, è quel suo sacerdozio che condividiamo: tutti, uomini e donne senza differenze (il mio sacerdozio di prete, viene dopo; prima, per me come per voi, c’è quello che condividiamo dal giorno del Battesimo). Questo ci fa sentire responsabili di fronte a Dio di tutto e di tutti. Non solo, questo ci dà l’opportunità di offrirci a lui ogni mattina con il nostro lavoro, le preoccupazioni, le fatiche e le soddisfazioni; anche con le nostre sofferenze, se ci sono da sopportare. E che senso ha offrirci a Dio in tal modo? Prima di tutto, la vita intera prende un altro valore, tale che non basta il miglior stipendio di questo mondo a compensarlo. Poi, si impara a fare unità tra fede e vita (il pericolo, infatti, è che la fede vada per la sua strada e la vita in tutt’altra direzione, senza che si incontrino mai). Offrirsi a Dio con tutto ciò che si fa, provoca a farlo bene, con più coscienza (a Dio infatti non si offrono rifiuti o materiali scadenti!). E’ allora che la fede s’incontra con la vita, finalmente.

Gesù è Re. Cosa vorrà dire comportarsi da re? Il contrario del comportarsi da schiavo. Un cristiano è re quando sa prendere le distanze da ciò che è sbagliato e gli rovina la vita; quando sa essere superiore a certe sciocche sollecitazioni che gli vengono dalla cultura che respira. Lo è soprattutto quando è capace di donare se stesso con spontaneità, senza aspettarsi riconoscimenti e ricompense. Sì, tutto questo è possibile: grazie al Battesimo che abbiamo ricevuto.

Profeta, infine: ecco l’altra prerogativa che ci compete. Non consiste nel predire il futuro: non è a questo che servono i profeti; sono piuttosto quegli individui che accolgono la Parola di Dio e se la portano in cuore come fuoco ardente; inevitabilmente accade che, da loro atteggiamenti e da tutto ciò che dicono e fanno, quella Parola trabocca: in forma di misericordia, di saggezza, di incoraggiamento, di consolazione, anche di provocazione… Questo è comportarsi da profeti. Ma è possibile? Sì, grazie al Battesimo. Sacerdoti, Re e Profeti insomma. Che se poi nella vita non ci comportiamo come tali, dipende dalla nostra incoscienza, o dal fatto che nessuno ce l’ha mai fatto notare: ci sono persone che si ritengono incapaci a fare certe cose solo perché non sanno di avere le qualità per farle. Non riduciamoci in questo stato. Quel Crisma che ci ha segnato il capo nel giorno del Battesimo, può accompagnarci con il suo profumo tutti i giorni della vita. Pertanto, si ridesti in i noi la coscienza di ciò che siamo, e facciamo in modo che non si addormenti mai!

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