Messico in bianconero, statuette meritate

Premi Oscar a “Roma” e “Greenweek”, ottimi film all’insegna del politically correct

Gli Oscar 2019 del cinema non hanno riservato particolari sorprese. Come ampiamente pronosticato la palma del miglior film straniero è andata a Roma di Alfonso Cuaròn già vincitore dell’ultimo Leone d’oro a Venezia e premiato in altri numerosi festival. Il messicano piace un po’ a tutti. Anche il precedente Gravity, pellicola di fantascienza con George Clooney e Sandra Bullock, nel 2014 aveva trionfato ad Hollywood portando a casa la miglior regia. Quest’anno, sul palco del Dolby Theatre Roma ha fatto incetta di statuette portando a casa anche quelle per la regia e la fotografia. Quest’ultima, sì, di valore assoluto. Per quello straordinario bianco e nero, i chiaro-scuri che incorniciano gli interni come gli esterni di campagna e di Città del Messico, la capitale, dove a “Roma”, uno dei suoi quartieri, il regista ha passato l’infanzia.

Film autobiografico, di una famiglia dalla quale ben presto il padre, docente universitario, se ne va lasciando sola la moglie con i 4 figli. Con la domestica india, l’”elemento” che tiene insieme tutto questo universo altrimenti condannato a disgregarsi ben più di quanto effettivamente succeda. Se un Oscar meritava, sarebbe stato, come migliore attrice, a Yalitza Aparicio nella parte della domestica “Cleo”. Intensa, capace di variare i toni, rivestire i tratti di un carattere femminile forte, partecipe e deciso nonostante le avversità della vita. Per il resto, non c’è uno “scarto”, un qualcosa che trasmetta la drammaticità delle situazioni, i dolori dei protagonisti. E’ tutto ben confezionato, anzi, ottimamente, perfetto, compresa la solidarietà femminile, senza una briciola di “polvere”.

In poche parole fin troppo politically correct. Il che si potrebbe sostenere anche per Green Book di Peter Farrelly (recensito nel numero del 10 febbraio di Vita Trentina), che si è aggiudicato il premio quale miglior film in assoluto nonché per la sceneggiatura originale e l’attore non protagonista (Maheshala Ali). Se non fosse per il protagonista, Viggo Mortensen, nella parte dell’autista italo-americano. Da sentire nella versione originale per le sfumature linguistiche che regala ma pure per le movenze. Briciole, rispetto alle attese, sono andate a Bohemian Rapsody di Bryan Singer sul leader dei Queen Freddy Mercury. Certo, miglior attore è stato decretato Rami Malek ma, forse, le aspettative erano diverse. Nonostante la pellicola abbia vinto anche il montaggio, il sonoro e il montaggio sonoro. La britannica Olivia Colman, nella parte della regina Anna, è risultata la miglior attrice protagonista, come a Venezia, dove si aggiudicò la coppa Volpi e il film di cui è protagonista, La favorita del greco Yorgos Lanthinos, vinse il Leone d’argento.

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