Non basta l’amore. Ci vuole la Carità.

I lettura: Geremia 1,4-5.17-19;

II lettura: 1Corinzi 12,31-13,13;

Vangelo: Luca 4,21-30

Di solito nessuno va dal medico con la lista della spesa. Ci si va per farsi visitare, poi è lui che decide quale medicina prescrivere, e lo fa in base alla malattia che ha diagnosticato. Ma quella volta che Gesù tornò a Nazaret (era il vangelo della scorsa domenica), furono i suoi compaesani invece a prescrivere le medicine che avrebbe dovuto dare… "Fa' anche qui, al tuo paese, le cose straordinarie che hai fatto a Cafarnao!". Avevano sentito dire che là aveva liberato un indemoniato con una sola parola, raddrizzato sulle gambe un paralitico, una bambina che era morta l'aveva addirittura richiamata in vita… e si sa com'è: ogni paese che racconta queste storie ne attacca una pagina, e quando le notizie arrivano a Nazaret, Gesù è diventato un mito! Lui del resto sa che i suoi compaesani proprio questo pensano di lui, e prima che accampino richieste li anticipa: "Voi volete vedere cose straordinarie solo per accontentare la vostra curiosità e magari vantarvi col dire: 'È nostro compaesano Gesù! Guardate com’è bravo!'. Ebbene, no: io sono mandato ad annunciare che Dio ha deciso di costruire il suo Regno tra voi, qui sulla terra, ma questa è una notizia da accogliere con fede, non con il prurito della curiosità”.

Gesù si paragona a un medico di cui tutti hanno bisogno, anche i sani: non ti dà la medicina che vuoi tu, ma la decide lui, perché il medico è lui, mentre tu sei il malato. Tu guarirai, anzi, sarai salvato, solo se gli dai fiducia. Quelli di Nazaret non erano di questo parere e quando si accorsero che Gesù non voleva stare al loro gioco, si arrabbiarono al punto da volerlo eliminare buttandolo giù da un precipizio. Non poterono farlo, perché la sua vita – Gesù – l'avrebbe donata liberamente, quando fosse giunta la sua ora. Sì, erano un po’ iracondi e focosi, ma chi ci assicura che noi siamo migliori di loro? Siamo disposti noi a lasciare che sia lui il medico e noi i malati bisognosi di guarigione? Lui il Maestro e noi i discepoli? O ci ritroviamo tra quelli che vorrebbero insegnare anche a Dio – se potessero – quello che deve fare, o suggerirgli ciò che deve dare? Dare! Donare! Sì, c’è un dono che Egli amerebbe fare sempre, anche perché è il più prezioso che si possa immaginare: la Carità. Più di qualcuno potrà pensare: “Ma sì, la carità! Siamo già capaci di farla ogni tanto a qualche accattone! Infatti, non è ai poveri che si fa la carità? Forse che Dio ci considera mendicanti, accattoni?”. Chi ragiona così dimostra di non sapere affatto cosa sia la Carità. E in questa Domenica è l'apostolo Paolo (nella seconda lettura) che ci offre l'occasione per capirlo finalmente, correggendo certe idee sballate. La Carità non è l'elemosina che tu fai, o la buona azione che compi quando te ne prende la voglia. No, non è questo la Carità.

È la carica, l’energia, con cui Dio stesso ama; è il modo di amare di Dio. Al suo amore – generoso, ostinato, paziente, gratuito, fedele – per distinguerlo da ogni altro amore è stato dato questo nome: Carità. Sì, perché esistono diversi tipi d'amore: da quello che si compra sui marciapiedi e poi su su, fino all'amore che non si può comprare perché è di valore inestimabile. Molti, anche tra i cristiani, ritengono che carità non sia parola adatta per dire i nostri sentimenti migliori, il nostro affetto più caloroso e più vero; amore invece sì: bella parola amore, peccato che non di rado la si usi per dire tutto e il contrario di tutto. Riusciremo a correggere il nostro linguaggio, oltre che certe visuali ristrette? Carità (agàpe nel greco di san Paolo) è l'amore dal valore inestimabile, l'amore doc. Amare con Carità è amare da Dio. Ed è proprio questa la carica che Dio vuol condividere con tutti i suoi figli. Lo fa in una molteplicità di occasioni, via via che la sanno accogliere. Sì, perché la condizione per riceverla è farle posto nei propri cuori: se c'è spazio, li invade fino a farli traboccare, ma se i cuori sono un guazzabuglio d'altre cose, non li può invadere: allora si è davvero poveri in fatto d'amore. Non trabocca niente. E ogni gesto di dedizione, ogni parola perfino, comporterà uno sforzo immane. Allora anche i sorrisi si riducono a smorfie. Sì, val la pena prestare seria attenzione alle parole di Paolo in questa Domenica. "Desiderate intensamente il carisma più grande: la Carità. È magnanima, benevola, non è invidiosa la Carità… non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto… Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta". No, un amore qualsiasi non arriva a tanto. Ecco perché occorre dirlo con chiarezza: tra due sposi non basta che ci sia amore – il loro amore – ci dev'essere una carica più alta: la Carità. E forse che per me, prete (o per te, suora, o missionario) non vale la stessa conclusione? Per dedicarsi agli altri non basta il “sentirsi portati a farlo”: ci vuole la Carità. Ogni altro amore finisce prima o poi. La Carità no, non finirà mai, perché Dio stesso è Carità. Riusciremo, non dico a pensare in grande, ma quantomeno ad aggiustare un po’ il tiro quando adoperiamo o sentiamo la parola Carità? In ogni caso, non accontentiamoci delle nostre risorse personali d'amore: lasciamo che Dio ci dia la sua. E non perdiamo occasione di ricaricarci alla sua sorgente. Perché se c'è un miracolo, qualcosa di straordinario che noi cristiani possiamo fare a questo mondo è proprio questo: amare con il cuore di Dio, con la sua Carità.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina