Non parlateci di cambiamenti. A meno che…

I lettura: Baruch 5,1-9;

II lettura: Filippesi 1,4-6.8-11;

Vangelo: Luca 3,1-6

Vi sono delle cose in questo mondo d’oggi che il mio buon senso non riesce a mettere insieme, a far andare d’accordo. Per esempio, è prevedibile che – come accade ogni anno – il “ponte dell’Immacolata” porterà sulle autostrade colonne interminabili di macchine, roulottes, camper e pullman. C’è sempre gente che decide di trascorrere qualche giorno di vacanza altrove perchè se lo può permettere. Per altro verso, ed è un dato di fatto, c’è altra gente che non solo non se lo può permettere, ma è preoccupata di come mandar avanti la famiglia, dal momento che dalla sera alla mattina s’è ritrovata senza lavoro. Ecco (lo so, pecco d’ingenuità), ma proprio non riesco, e non dico a risolvere (non ne ho la competenza) ma semplicemente a tollerare queste situazioni contraddittorie. Con ciò non intendo affatto colpevolizzare quei tali che si prendono qualche giorno di vacanza: penso sia legittimo per tutti coloro che lavorano dalla mattina alla sera e dal lunedì al sabato. Ciononostante questi dati di fatto stridono, non vanno d’accordo; se la società è come un corpo fatto di molte membra, vien da dire che questo corpo è a dir poco impazzito: visto da una parte sembra in ottima salute, osservato dall’altra appare malato e irrecuperabile. No, “non si può andare avanti così… non si può continuare a lungo di questo passo…”: quante volte sentiamo espressioni di questo genere, sono diventate una specie di ritornello, forse le ripetiamo pure noi: “non si può andare avanti così… non si può continuare a lungo di questo passo…”.

E invece sì: si può senz’altro continuare così, nel senso che questo corpo, cioè la società tutta intera, invece che guarire può davvero impazzire sempre più, per il semplice motivo che ci si muove in una china che è tutta in discesa, e sappiamo bene che è più facile andare in giù che non fare retromarcia e andare in su. Del resto, non ci sono né leggi né leader che possano mettere le briglie a un cavallo impazzito che corre in discesa, tanto meno fargli cambiare direzione: perché? Anzitutto perché ci sarà sempre chi conosce il modo di evadere tutte le briglie, o le leggi, prima ancora che siano fatte. E poi perché i cambiamenti – veri, affidabili, duraturi – sono quelli che partono da dentro, dalla mentalità delle singole persone, da convinzioni personali in altre parole. Non sono affatto quelli imposti da fuori.

“Convertitevi. Conversione”: ecco la provocazione evangelica della prossima domenica. Eh, sì: saranno pure vecchie queste parole, anzi, antiche addirittura, ma non c’è un’altra ricetta che possa guarire dalla sua schizofrenia questo corpo impazzito di cui tutti facciamo parte. Non c’è, e se qualcuno ritiene invece che ci sia, si guardi indietro, nella storia: ricette d’altro tipo ce ne furono, e non poche (quanti hanno gridato: “Adesso sì che finalmente cambieranno le cose!”); no, illusioni, palliativi: come le aspirine per i malati di tumore.

“Convertitevi”. Quando Giovanni Battista gridava queste parole, Tiberio Cesare non lo sentì neppure; neanche Erode tetrarca della Galilea gli badò, neppure Filippo suo fratello che aveva il suo regno sulle alture del Golan, tantomeno Lisania tetrarca dell’Abilene… Non lo sentirono, e se per caso lo sentirono, non ci badarono. Come non ci badarono i sommi sacerdoti Anna e Caifa… (si tratta di quei signori che il vangelo di questa domenica nomina all’inizio). Non ci badarono: anche perché, quando si scriveva questo vangelo, i suddetti grandi personaggi erano già scomparsi, oggi poi nessuno li ricorda più. E invece quelle parole del Battista: “Convertitevi… Preparate la via del Signore” hanno germogliato silenziosamente nella terra dell’umanità, e oggi ancora continuano a risuonare. Perché mai? Sono Parole che vengono da Dio. Come pioggia o neve che scende dal cielo la Parola di Dio venne su Giovanni. E Giovanni non può far altro che gridarla, anzi, tutta la sua persona diventa voce per gridare quella parola: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore…”. Quando trova terreno accogliente, quella Parola germoglia: anche un deserto allora può diventare un giardino.

I veri cambiamenti non vengono da fuori di noi, dicevo, ma ora devo aggiungere dell’altro (anche se può sembrare una doccia ancor più fredda della precedente): i veri cambiamenti non vengono nemmeno da noi, non sono in nostro potere. Noi, tutt’al più, possiamo apportare qualche piccolo ritocco insignificante che dura poco; ma di veri cambiamenti di mentalità e di stile di vita no, non siamo capaci. E allora, che senso ha parlare di conversione se poi non siamo in grado di convertirci? Certo, noi non lo siamo, ma la Parola di Dio sì. Scende come pioggia o neve, e se trova un terreno disponibile germoglia, cresce e produce frutto. Oh se cambia aspetto quel terreno! Quando ci ritroviamo all’Eucaristia domenicale è la Parola di Dio a scendere su di noi. Lettori, cantori, celebrante, possono darle voce, come Giovanni Battista, ma non è in loro potere far cambiare mentalità o stile di vita. Sì, ci sono strade da preparare, montagne da abbassare e burroni da riempire anche in questa società dei nostri giorni. Ma potremo fare qualcosa solo a condizione di accogliere la Parola che “scende su noi”, e ce la portiamo in cuore come la più importante in assoluto tra tutte quelle che sentiamo ogni giorno.

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