Ora anche Albert Mayr è nel tempo

Albert Mayr, l’unico figlio di Josef Mayr-Nusser e di Hildegard Straub, a una mostra sul padre Josef.

Se n’è andato all’età di ottant’anni. Come si dice in questi casi: dopo lunga malattia. Albert Mayr, musicista. Albert Mayr, compositore e artista. Albert Mayr, figlio, marito, padre.

Albert Mayr era l’unico figlio di Josef Mayr-Nusser e di Hildegard Straub. Nato in piena guerra, pochi giorni dopo la caduta di Mussolini, qualche settimana prima del suo ritorno, marionetta nelle mani di Adolf Hitler.

“Noi non abbiamo il tempo. Noi siamo nel tempo”, è il suo epitaffio autografo. Musica e tempo, binomio inscindibile nella ricerca sperimentale che ha animato la vita artistica di Albert Mayr. “Il suo modo di pensare e di praticare la musica, così profondamente etico, ecologico addirittura, costituisce un grande patrimonio, una chiave straordinariamente intelligente per relazionarsi col mondo attraverso tempo e suono”. È la reazione del musicista Marcello Fera alla notizia della scomparsa di Albert, il 28 gennaio 2024 (vedi VT n. 5, pag. 31, ndr). “Spesso ignorato, incompreso, sottovalutato, spero vivamente che almeno in sua memoria il suo lavoro venga studiato e valorizzato come merita”.

La piccola famiglia Mayr (Nusser è il nome del maso) ebbe vita breve. Josef aveva sposato Hildegard il 26 maggio 1942 nella chiesetta a fianco del duomo di Bolzano, dedicata a San Nicolò. Di essa, distrutta dalle bombe alleate all’inizio del 1944, resta oggi solo la base del muro perimetrale.

Albert nacque il primo agosto 1943. Una settimana innanzi, il 25 luglio, Mussolini era stato sfiduciato dal Gran consiglio del fascismo e arrestato. Il re aveva affidato l’Italia al maresciallo Pietro Badoglio. Il nuovo Capo del governo trattò la resa con gli Alleati e l’armistizio fu reso noto l’8 settembre. In quegli stessi giorni, per porsi al riparo dai bombardamenti, Hildegard e Albert sfollarono a Collalbo sul Renon. Josef li raggiungeva il sabato.

La provincia di Bolzano, assieme a quelle di Trento e Belluno, fu chiusa nella Zona di operazioni delle Prealpi. I cittadini richiamati in vario modo alle armi o al lavoro coatto. Josef fu arruolato nelle file delle Waffen-SS a fine agosto 1944. Partì dalla stazione di Bolzano il 7 settembre alla volta di Konitz, nella Prussia Occidentale. Hildegard e il piccolo Albert non lo rividero mai più.

“Dare testimonianza oggi è la nostra unica arma efficace”, aveva detto Josef Mayr-Nusser ai giovani di Azione cattolica. “Dare testimonianza – sottolinea Albert nell’introdurre il libro “L’uomo che disse no a Hitler” (F. Comina) – è scomodo, spesso pericoloso; costringe chi lo fa a uscire allo scoperto, a prendere posizione, a essere circondato, a volte, dall’indifferenza o dall’ostilità di chi dovrebbe essere al suo fianco. Pure colui che dà testimonianza è scomodo, da vivo e anche dopo la morte, per gli avversari e per coloro che preferiscono abbassare il capo o, forse anche in buona fede, ritengono che non sia necessario esporsi troppo”.

Josef Mayr-Nusser, ricorda Albert, “non faceva parte di alte gerarchie politiche ed ecclesiastiche, era un semplice impiegato e padre di famiglia; sarebbe potuto rimanere nell’anonimato e salvarsi l’anima cercando, per quanto possibile, di non farsi coinvolgere troppo direttamente nelle atrocità che le SS compivano ovunque passassero. Egli invece era convinto che fosse suo dovere manifestare apertamente il dissenso”. E si chiede: “È ancora attuale parlare di un uomo che, a rischio della vita, sceglie di denunciare l’illegittimità di un potere basato sulla violenza e su un’ideologia aberrante?”.

“L’impellenza di tale testimonianza – scrisse Josef alla moglie da Konitz a fine settembre 1944 – è ormai ineluttabile, due mondi si stanno scontrando. I miei superiori hanno mostrato fin troppo chiaramente di rifiutare e odiare quanto per noi cattolici vi è di più sacro e intangibile. Prega per me Hildegard, affinché nell’ora della prova io agisca senza timori o esitazioni secondo i dettami di Dio e della mia coscienza”.

Aggiungeva, chiudendo la lettera: “Qualunque cosa possa avvenire, ora mi sento sollevato, perché so che sei preparata e la tua preghiera mi darà la forza di non venir meno nell’ora della prova. Con tutto l’affetto saluto e bacio te e il piccolo Albert”. L’ora della prova sarebbe arrivata di lì a poco. 4 ottobre 1944. E il martirio sul treno per Dachau il 24 febbraio 1945.

Ora la piccola famiglia Mayr(-Nusser), Josef, Hildegard, Albert è di nuovo riunita. Dopo 79 anni, quattro mesi e venti giorni. Tempo. Tempo vissuto nelle contraddizioni della mancata armonia delle relazioni che la musica vuole ristabilire. “Noi siamo nel tempo”.

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