Quei bambini perduti

Le sofferenze dell'infanzia nel mondo al centro di alcuni film del Festival di Venezia. L'obiettivo del “Premio Città di Venezia”

Il Festival internazionale cinematografico di Venezia sintonizza le sue attenzioni sulla tragedia globale della nostra società in cui gli adulti rubano l’innocenza dei bimbi. Tre film proiettati nei primi giorni giorni concentrano questa tragedia: ”Beasts of No Nation” di Cary Fukunaga, ,”Spotlight” di Thomas McCarthy e ”Loooking For Grace” di Sue Brooks.

Il primo racconta la storia di Agu, il bambino soldato che impara la spietatezza verso gli adulti da cattivissimi maestri. La violenza della guerra e delle persone pervade tutto il film, specchio dei conflitti africani in cui i bambini sono usati per uccidere e sorreggere l’industria della guerra. Non importa se il film ha un montaggio serrato macchiato di retorica e di una lunga durata, importa la denuncia  del bambino soldato al quale scivola la terra sotto i piedi. Egli grida che “tutto è opera degli uomini e non di Dio”.

L’inchiesta di quattro giornalisti del “Boston Globe” è assunta dal regista McCarthy nel suo “Spotlight” e ci costringe alla riflessione sulla necessità di un cambiamento radicale della Chiesa e sulla importanza della libertà della stampa per sradicare l’abuso fisico e spirituale dei bambini da parte di un clero americano deviato. Il regista chiarisce che la finalità del suo lavoro “non è quella di screditare la Chiesa ma di raccontare la verità sull’onda del nuovo corso impresso da Papa Francesco”. Un’inchiesta condotta in maniera asciutta e incalzante.

La regista australiana  Sue Brooks  focalizza l’angoscia di due sposi  per la sorte di una figlia ribelle e  fragile : opera di introspezione sul mondo adolescenziale che purtroppo la regista affida più al reticolo inestricabile del destino che a una linea costruttiva pedagogica.

Anche la giuria del premio “Città di Venezia” si pone su questa linea di denuncia sulle tragedie derivate da politiche demagogiche e dittatoriali. Il lavoro di Mohamed Al Daradji, regista iracheno infatti nel suo “The Sand of Babylon” (La sabbia di Babilonia) raccoglie episodi successi alla fine della dittatura di Saddam: da un inizio quasi fiabesco essi evolvono verso la dura realtà, in parte finora sconosciuta.

Lo stesso fondatore del premio  – il prof. Michele Serra – coadiuvato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Venezia, sottolinea l’importanza storica del film in quanto ricco da documentazioni inedite che, se appesantisco leggermente le sequenze, imprimono incisività ed emotività al loro assunto. Questo lavoro filmico è dunque un docu-film, pur nobilitato nel finale da una antica poesia di addio all’amato, scritta dalla regina di Babilonia e proseguita dalle donne irachene per i loro uomini scomparsi, testimonia giorni tragici per gli abitanti iracheni in cui si perpetrano torture, umiliazioni, prigioni disumane. Tre superstiti di questa carneficina confessano la morte di centomila ribelli trucidati e sepolti nelle fosse comuni dai soldati di Saddam all’alba della vittoria sul Kuwait nel 1991. Il materiale di repertorio rimane una preziosità rilevante nella dinamica delle sequenze che vengono arricchite dal senso eroico e sublime di una Resistenza altrimenti destinata all’oblio.

La voce fuori campo del regista esprime l’urgenza di capire il passato per proseguire nel futuro con la coscienza del recupero delle più umane e sublimi virtù etico-sociali.

Ecco perché l’istituzione annuale del premio “Città di Venezia “ acquista un significato importante perché scopre di volta in volta le voci artistiche dell’arte filmica dei Paesi sottosviluppati di tutti i continenti, testimonianze fondamentali che cadrebbero in un silenzio deprecabile per l’arte e per la storia.

Giacomo Botteri-Farida Monduzzi

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina