Sapere e sapore. Per vivere.

I lettura: Siracide 24,1-2.8-12;

II lettura: Efesini 1,3-6.15-18;

Vangelo: Giovanni 1,1-5.9-14

Natale è anche tempo di storie: vere o favole o leggende, non importa. Eccone una. Un giorno, uno dei più grandi professori dell'Università, candidato al Premio Nobel, famoso in tutto il mondo, giunse sulle rive di un lago. Chiese ad un barcaiolo di portarlo a fare una passeggiata con la sua barca. Il brav’uomo accettò. Quando furono lontani dalla riva, il professore cominciò ad interrogarlo. «Conosci tu l’informatica?». «No» rispose il barcaiolo. «Allora un quarto della tua vita è perduto. E te n’intendi d’economia?». «No» rispose ancora il pover’uomo. «Allora due quarti della tua vita sono perduti». «E la filosofia? La conosci?». «No». «Allora tre quarti della tua vita sono perduti». All'improvviso prese ad infuriare una tremenda tempesta. La barca, in mezzo al lago, veniva sballottata come un guscio di noce. Gridando sopra il rumore del vento, il barcaiolo si rivolse al professore. «Sa nuotare lei?». «No», rispose quello. «Allora tutta la sua vita è perduta!» concluse il barcaiolo.

“Sai questo?… sai quello?… sai quest’altro?”: sono insopportabili quegli individui che, per il fatto d’aver ottenuto un diploma o una laurea, guardano dall’alto in basso quanti sono arrivati solo fino alla 5° elementare o alla 3° media… Fanno pena oltretutto: quella presunta superiorità è la più clamorosa conferma della loro totale ignoranza di fronte alla vita. Proprio come per quel professore su quella barca: «Sa nuotare?». «No». «Allora tutta la sua vita è perduta!».

È una constatazione sorprendente infatti: se è vero che mai come al giorno d’oggi abbiamo avuto nella società una così alta percentuale di diplomati e laureati, è altrettanto vero che mai come al giorno d’oggi abbiamo avuto una così alta percentuale di persone fragili di fronte alla vita! Sarà una contraddizione casuale … o vi è una relazione tra questi due dati di fatto?

Sapere. Cosa vuol dire sapere? E cosa c’è da sapere? La storiella di cui sopra fa ridere nella sua conclusione, ma è istruttiva: si può arrivare a sapere… l’informatica, la filosofia, l’economia e quant’altro (imparando a scuola, dai libri), ma ci sono circostanze nella vita (e non sono affatto poche) nelle quali non serve a nulla ciò che s’è imparato dai libri, serve solo “nuotare”, in modo da salvarsi su di un mare in tempesta e arrivare a riva. Fuori metafora: realizzare se stessi come persone (invece che rovinarsi la vita), costruire una famiglia che ha buone probabilità di stare in piedi invece che di sfasciarsi, non lo si impara all’università, eppure è di vitale importanza. Non solo per se stessi, ma anche per influire positivamente su una società, su tutta una cultura, per renderla più “umana”, più attenta a quei valori che la fanno davvero progredire invece che retrocedere… Qualcuno, a questo punto si chiederà cosa c’entra questo discorso con il Natale e con le parole della Bibbia che ascoltiamo la prossima Domenica, ma in realtà proprio del Natale sto parlando: è proprio queste letture che sto cercando di spiegare. Protagonista nella prima è la Sapienza: “La sapienza fa il suo elogio e dice: l’Altissimo mi ha creata e mi ha dato un ordine: <>… Mi ha fatto abitare nella città che egli ama: ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso…”. (Va subito precisato che la sapienza di cui parla la Bibbia assomiglia più alla competenza del barcaiolo della storiella di cui sopra che non alla scienza del professore. Il vangelo, dal canto suo, parla del Verbo: “Il Verbo… che in principio era presso Dio… si è fatto carne, e ha posto la sua dimora in mezzo a noi”. Notate: nell’uno e nell’altro caso si parla di qualcuno che viene dall’alto e pone la sua dimora tra gli uomini. Qual è la conclusione?

Il Verbo, di cui parla il Vangelo, e la Sapienza, sono la stessa persona. Sì, proprio di una persona in carne e ossa si tratta: Gesù Cristo. Il Bambino del presepio non è soltanto quella bella creaturina da guardare con tenerezza e a cui cantare ninne nanne. E’ la sapienza, la saggezza del vivere, che Dio stesso ha messo a nostra disposizione. Perché quel Bambino crescerà e un giorno prenderà la parola per insegnare a tutti quelli che lo vorranno ascoltare… Allora verrà fuori tutta la Sapienza che ha dentro. Non parlerà di informatica, né di filosofia, né di economia, insegnerà invece come fare la traversata, senza finire travolti dalle onde e dalle tempeste. Sapienza, per la Bibbia, è l’arte di riuscire nella vita, ma siccome la vita non l’abbiamo inventata noi ma ce la dona Dio, sapienza è ascoltare Dio che se n’intende di vita e ci vuol bene: è vivere come piace a lui, nella certezza che questo è molto più affidabile che non vivere come piace a noi. E per liberarci dal sospetto che quelle che ci insegna siano solo teorie, Dio è venuto lui stesso a vivere ciò che insegna: da uomo in carne e ossa. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

Non è superfluo ricordare che dal verbo “sapere” viene anche la parola “sapore”: Il sapore è ciò che rende buone e gustose tutte le pietanze. E la vita, che è tra tutte la pietanza più preziosa, non ha forse bisogno di sapore? Auguro a tutti di saper distinguere tra una vita insulsa e una vita saporosa, e di aprire il cuore al Verbo di Dio che si è fatto carne. È lui infatti che ci darà sapienza e sapore per vivere con dignità e con gusto.

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