“Sentinelle del Signore per amore dei fratelli”

Ez 33,1.7-9;

Sal 94;

Rm 13,8-10;

Mt 18,15-20

«Meglio non immischiarsi!» diciamo a chi ci sta accanto, quando ci viene riferito di persone che con i loro errori provocano situazioni imbarazzanti. Siamo maldestramente crudeli nel giudicare e condannarele colpe degli altri ed evitiamo accuratamente di venir coinvolti in vicende, dove la nostra mano tesa potrebbe essere di grande aiuto.

La fantasia non ci manca nel cercare delle scuse: giustifichiamo la nostra insensibilità dicendo che il nostro intervento rischierebbe d’essere giudicato come un’invasione di campo, che lede la privacy e, continuando di questo passo, finiamo per diventare indifferenti di fronte a tante situazioni, segnate da molteplici povertà morali.

La Parola, che ascolteremo domenica, tenta di sfatare i nostri preconcetti e ci libera dalle catene del giudizio, per rivestirci di sentimenti di compassionenei riguardi di coloro che vagano nell’oscurità di una vita disordinata, gravata da scelte sbagliate.

Nella prima lettura Dio si rivolge a Ezechiele, ricordandogli la sua missione: «Io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele». Il profeta è chiamato a vigilare sul popolo di Dio, specialmente quando viene meno il suo amore per il Signore: deve essere voce che scuote nell’intimo, che risveglia gli antichi sentimenti di fedeltà a quell’Amicizia che ha reso Israele unico tra tutti i popoli. L’uomo di Dio ha il dovere di mettere in guardia il “malvagio, perché desista dalla sua condotta”, se non lo fa, gli verrà chiesto conto della sua morte.

Essere sentinelle del nostro prossimo: quale grande responsabilità! La sentinella rimane sveglia, mentre tutti dormono, pronta a dare il segnale a ogni sentore anche minimo di pericolo: da lei dipende la vita di coloro che le sono stati affidati. Come discepoli di Gesù ci apparteniamo gli uni agli altri, siamo accomunati da un unico destino di salvezza, che ci rende responsabili dei nostri fratelli.

San Paolo nella seconda lettura parla di un unico debito, che abbiamo nei riguardi degli altri, quello “dell’amore vicendevole, perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge”. È l’amore che ci spinge a mettere in guardia anche il malvagio, un amore umanamente utopico, tuttavia possibile nel progetto salvifico di Dio.

Solo in questa prospettiva di sollecitudine riusciremo a correggerci fraternamente: con l’aiuto del Signore, corroborati dalla preghiera, ci avvicineremo a chi sta commettendo errori irreparabili e gli vorremo così bene da aprirgli gli occhi su quell’innesco di negatività che sta per distruggere tutto ciò che di bello c’è nella sua vita e, nel contempo, soltanto Gesù potrà rendere il nostro cuore tanto docile e umile da accogliere le osservazioni dirette e dure, che un fratello ci rivolgerà, vedendoci precipitare nel baratro dei nostri errori.

Nel vangelo il Signore ci indica più possibilità d’intervento in quest’opera di dissuasione dal male. Dice: «Se tuo fratello commette una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone. Se non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano».

È nello stile di Dio temporeggiare con pazienza e misericordia, offrendo al peccatore più possibilità di ravvedersi, e questo suo modo di agire deve riflettersi anche in noi, quando riprendiamo i fratelli.

Come Dio è discreto e parla nel segreto di ogni cuore, per suscitare atteggiamenti di conversione, così anche noi dovremmo essere estremamente delicati nel richiamare chi ci ha fatto del male o sta compromettendo il suo futuro. Se il nostro intervento non basta, è sicuramente di aiuto il sostegno di qualche persona, che ci affianca in quest’opera di convincimento. Infine, come estremo rimedio, può essere determinante il ruolo della comunità, che in queste occasioni è chiamata a essere più che mai una famiglia accogliente ed educante.

I suggerimenti di Gesù lasciano intendere che non è né facile né scontato che la correzione fraterna abbia un esito positivo, tanto più in questo nostro tempo, in cui un’ammissione di colpa è vista più come un cedimento che come un atto di responsabilità. Tuttavia, credo che l’accettazione di un’osservazione severa sia essenziale per assecondare i progetti di salvezza, che Dio ha su ciascuno. Un rimprovero amaro, ma sincero, rivela inoltre l’onestà di una persona, del suo amore e della sua amicizia, e il Signore conferma i nostri propositi d’intesa, infatti, ogni chiarimento e accordo “sarà legato in cielo” e ogni dissidio, che scioglieremo sulla terra, “sarà sciolto in cielo”.

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