Signore e Signori

2 Samuele 5,1-3;

Colossesi 1,12-20;

Luca 23,35-43

“Signore e signori” è l’appellativo con cui ci si rivolge a un pubblico radunato in certe particolari circostanze. Signore e signori ce ne sono tanti, ma per i cristiani il Signore è uno solo: Gesù Cristo. Tanto che non occorre nemmeno aggiungere il suo nome: è semplicemente IL SIGNORE.

In questa domenica gli si aggiunge un appellativo particolare: “Re”. È un nome, un ruolo, che oggi sa odore d’antiquariato: re e regine ci sono ormai quasi soltanto nelle favole, per cui – forse – non si addice affatto a Gesù Cristo: lui non è un re da favola.

Nell’immaginario delle favole i re stanno seduti su di un trono, e comunque in alto rispetto agli altri. Se Gesù Cristo sta più in alto di noi, è solo perché è inchiodato alla croce, e la corona che ha in testa non è d’oro ma di spine che fanno sanguinare; non ha alcuno scettro in mano, perché le sue braccia sono spalancate in un gesto che dice quanto ci ama; e sono inchiodate in quel gesto, a significare che di quell’amore non si pentirà mai più. Quant’è diverso questo re dai signori di questo mondo! Pertanto, lasciamo da parte quel termine regale che sa d’antiquariato e ragioniamo piuttosto su quest’altro: “Signore”. Cosa vuol dire essere signori?

Quando si reca un’offesa a qualcuno (anche un semplice sgarbo, un piccolo torto), può succedere che quel tale se la leghi al dito e prima o poi la faccia pagare. Ma può anche accadere il contrario, che cioè sia superiore all’offesa e non si vendichi affatto; in quel caso non è raro sentir dire: “Si è proprio comportato da signore!”. Ora, come si comporta Gesù Cristo su quella croce? I suoi aguzzini, sotto, lo insultano, lo offendono, lo prendono in giro: (“ha salvato gli altri… salvi se stesso adesso se è capace!”) e lui, per tutta risposta, prega Dio suo Padre: “Padre, perdonali, non sanno quello che fanno!”. Chiunque, di fronte alle offese, riesce a reagire così è proprio un gran signore! Non di rado si è portati a pensare che per vivere da signori si debba disporre d’un bel conto in banca, d’una bella casa, di ottima salute… Ma questo, più che signori, rende schiavi: schiavi dello status symbol, condizionati e legati peggio che da catene ai polsi e ai piedi: chi ragiona così le catene ce le ha attorno al cervello! Gesù Cristo, nonostante sia inchiodato alla croce, è un uomo libero. Non è l’abbigliamento, il look, a fare di lui un signore, perché è nudo; ed è tanto povero che avrà bisogno di farsi prestare una tomba quando lo deporranno morto dalla croce. È signore perché è superiore alla più grande offesa che si possa recare a una persona, quella di toglierle la vita, ucciderla. È signore perché sa perdonare anche questo.

Ma non solo per questo. Il vangelo riferisce un altro particolare di quella drammatica storia del Calvario. C’erano anche due delinquenti crocifissi accanto a lui; uno dei due lo prega: “Ricordati di me quando sarai nel tuo regno!”. E Gesù lo ascolta! Lo ascolta e gli risponde con indubitabile solennità: “Oggi sarai con me in Paradiso!”. Ora, si pensi quanto è eccezionale e straordinaria una tale reazione; più d’uno al suo posto avrebbe risposto: “Ma va’ a quel paese!…Io ne ho abbastanza dei miei problemi, senza pensare anche ai tuoi!”. E sarebbe stato da capire. Ma la reazione di Gesù è totalmente opposta, inattesa e sorprendente: “In verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso!”. Cos’è questo se non comportarsi da signore? Può esser facile dimostrare accoglienza, disponibilità, gentilezza, quando tutto va bene, quando si è su di giri e non ci sono problemi di alcun genere; ma quanto ci risultano spontanei tali atteggiamenti allorchè siamo stanchi, preoccupati, provati da qualche sofferenza? Che poi non è del tutto esatto nemmeno questo. Voglio dire: non è affatto scontato che quando si è benestanti, si dispone di cose e di mezzi, ci si ritrovi perciò stesso più accoglienti e più disponibili; anzi, sembra proprio che capiti il contrario: molto spesso tutto questo rende invece più chiusi, più menefreghisti, più sordi ed egoisti. Ma allora bisogna trovarsi alle strette, messi alla prova, per avere il coraggio di comportarsi da signori? Ecco la testimonianza rilasciata da un cristiano dell’Egitto, rapito e poi rilasciato dai terroristi islamici: “Mi hanno riempito di botte. Allora ho sentito quanto è preziosa e consolatrice la salvezza che Cristo ci ha procurato… era come se fosse un altro corpo ad essere colpito invece che il mio… come se il Cristo si offrisse per essere flagellato al mio posto… Allora ho pregato e ho ripreso coraggio. All’indomani, i miei rapitori, armati, sono venuti a interrogarmi: “Tu sei certamente dalla parte del regime!”. Io risposi: “Sono dalla parte delle riforme e dello sviluppo, contro le uccisioni e le distruzioni, e se quelli del regime sono nostri nemici, noi dobbiamo amarli!”. La discussione allora è proseguita sulla preghiera e sull’amore dei nemici: io, timido e di poche parole, non sapevo da dove mi venisse ciò che dicevo. I miei rapitori dissero: “Piano… noi abbiamo bisogno di capire meglio quello che dici”. Dopo quattro giorni mi hanno presentato le loro scuse e mi hanno soprannominato “l’uomo dell’amore e della pace”. Allora mi hanno chiesto di pregare per loro!”. Sì, è l’amore, è la capacità di perdono, di accoglienza, a renderci signori. Impariamolo. E insegniamolo anche a quelli che vengono dopo di noi.

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