Un Paese che cambia velocità

Per “Viaggio nell’Italia che cambia” Giuseppe Giannotti in quaranta puntate ha girato per Raistoria in lungo e in largo la nostra penisola per raccontare le storie di un Paese in continua trasformazione, pur nella complessità delle diverse realtà sociali ed economiche e dell’alternarsi di tradizioni ed innovazioni. Un viaggio ideale alla ricerca delle esperienze dei protagonisti e delle vicende personali e collettive di cambiamento e di crescita della nostra società.

Il titolo non è casuale, e riprende quello omologo di un programma itinerante prodotto dalla Rai nel lontano 1963, nel quale il giornalista Ugo Zatterin raccontava la rapida trasformazione vissuta dal nostro Paese in quegli anni – per certi versi irripetibili – del boom economico.

Nessun confronto tra le due epoche, per carità, perché diciamolo subito: siamo di fronte a condizioni economiche diverse, bisogni diversi e società diverse. Va da sé che qualsiasi confronto con quegli anni sarebbe improponibile, scorretto e ingiusto sotto il profilo del metodo e delle conclusioni.

Gli argomenti trattati sino ad ora ci sono parsi piuttosto interessanti. Alcuni esempi? La trasformazione della composizione della famiglia e del suo ruolo nella società, le scelte urbanistiche ed architettoniche che hanno accompagnato la trasformazione delle città, le peculiarità che portano certe aree a divenire nel tempo distretti artigianali di eccellenza.

La scorsa settimana ci è particolarmente piaciuta la puntata “Quando Olivetti inventò il PC”, che racconta la storia del progetto di sviluppare e produrre negli anni Sessanta un computer domestico, adatto alle esigenze dell’utilizzatore finale, in competizione con i grandi produttori americani del settore, e di fatto anticipando i tempi di almeno dieci anni.

Dalle testimonianze dei protagonisti di quegli anni, ormai anziani, traspira ancora l’orgoglio per le intuizioni che avrebbero precorso i tempi, per le innovazioni introdotte e per i successi tecnici e commerciali che ne sarebbero conseguiti. Il tutto con un senso di appartenenza ad un progetto, uno spirito di identificazione con i propri compiti, di voglia di fare e di innovare che ci è parso tutt’ora contagioso e positivo.

Da quei lontani anni Sessanta sono di certo cambiate molte cose. Ora l’informatica è presente in tutti gli ambiti della nostra vita, mentre allora il computer si chiamava cervello elettronico, era contenuto in grossi armadi che occupavano stanze intere e la gente ne parlava con curiosità e timore, preoccupata che un eventuale uso distorto avrebbe consentito alle macchine un giorno di controllare la nostra vita. Ma dietro alle testimonianze di questi e degli altri protagonisti delle varie puntate ora come allora ci è parso che gli ingredienti siano poi sempre gli stessi: formazione, impegno e intuizione.

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