Una colata di cemento in Val di Sole

Val di Sole. L’edificazione delle due stazioni sciistiche “Marilleva 900” e “Marilleva 1400”. Foto © Gianni Zotta
Negli anni Sessanta del secolo scorso, numerosi giovani erano costretti ancora ad emigrare dalla Val di Sole per cercare un lavoro all’estero. Fu così che sul finire del 1968, il presidente della Provincia autonoma di Trento, l’avv. Bruno Kessler, solandro di nascita, decise di fare qualcosa per la sua valle d’origine.Convinse alcuni imprenditori a investire in una stazione turistica, prevalentemente invernale. Prevista nel Piano urbanistico provinciale, sarebbe dovuta sorgere dal nulla su 26 ettari recuperati lungo la dorsale destra dalle Val di Sole, nel comune di Mezzana, sulle pendici del dosso di Marilleva (nel 1794 era chiamato dossi di Marì Levà). Furono approntate due stazioni (“Marilleva 900” e “Marilleva 1400”), con alberghi, parcheggi, strutture turistiche. La stazione doveva essere in continuità con Folgàrida, altro agglomerato turistico-ricettivo artificiale sorto fra il 1965 e il 1966 a monte del comune di Dimaro.Gli ambientalisti, “Italia Nostra” in primis, non gradirono. Un documento, diffuso nel dicembre 1975, sottolineava che “i costi li paga, come sempre le comunità” con “sicuro degrado dell’ambiente e del paesaggio”.

Pochi anni dopo, in Val di Fassa, l’operazione fu ripetuta con la costruzione nel comune di Mazzin di “Fassalaurina” un’imponente colata di cemento armato. Sintetizza Mauro Lando (“Dizionario trentino, 1945-1975”): quella costruzione, fra il 1974 e il 1977, “ha rappresentato un caso ambientale, politico, amministrativo, giudiziario-fallimentare, con un contorno di morti illustri e di attentati che ha segnato pesantemente gli anni Settanta”.

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