Esercizi di risurrezione

At 10,34.37-43;

Salmo 117 (118);

Col 3,1-4;

Gv 20,1-9

«Alleluia, Cristo è risorto, veramente risorto, alleluia!», abbiamo cantato nella veglia pasquale durante la notte ed ora, nel giorno della risurrezione di Gesù Cristo e per tutta la cinquantina di Pasqua questo annuncio gioioso dovrà ritmare i nostri passi. Sì, avvertiamo una straordinaria forza in questo annuncio pasquale e ogni anno ne siamo travolti. Come sorpresi da tale bellezza, ci sentiamo attratti da questo dinamismo che segna il passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce: «la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo… – canta il salmo 117 – Questo è il giorno che ha fatto il Signore rallegriamoci in esso ed esultiamo». Si intuisce con facilità che la Pasqua è la festa della vita, di quella vita piena che non ha più fine. È un annuncio così travolgente che va non semplicemente compreso, ma profondamente celebrato con quello che noi siamo. Come se la vittoria di Gesù sulla morte facesse risorgere quelle parti di noi stessi ancora sepolte nel sepolcro della tristezza, dei dubbi, della paura. Sì, la vita di Gesù Risorto va celebrata nella nostra vita e non possiamo più perdere tempo!

In effetti, la liturgia della Parola di questo giorno di festa ci costringe a entrare con tutto di noi nel ritmo pasquale per imparare a fare Pasqua ogni giorno e ogni istante. Nella lettera ai Colossesi san Paolo ci invita a orientare la nostra esistenza e ricerca verso una direzione ben precisa «se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù …. Rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). Ben sappiamo che di fronte a certi eventi caratterizzati da disumanità, indifferenza e prepotenza il nostro sguardo si lascia catturare e trascinare verso il basso perdendo con facilità la meta pasquale e la gioia del cuore. Vivere da risorti significa, innanzitutto, esercitarsi ad alzare lo sguardo, a fissare gli occhi del cuore su Gesù Cristo il Risorto che ci insegna l’amore folle, tenace ed immutabile di Dio per ciascuno di noi. Fare Pasqua è non lasciarci rubare la speranza, ma imparare ad alzare lo sguardo ed imparare a celebrare non solamente la risurrezione di Gesù, ma anche la nostra. Il Risorto ci insegna a risorgere continuamente attraverso sguardi illuminati dal suo amore preveniente che non ci permette di rimanere incagliati nelle nostre delusioni, relazioni conflittuali o sbagli. Risorgere significa per noi credere che l’amore si fa strada impercettibilmente anche quando tutto sembra avvolto dal buio della disperazione. Risorgere significa non restare appiattiti dal male, ma invocare il Risorto capace di suggerire vie impensate. Solamente se sperimentiamo questi sentieri di risurrezione possiamo con Pietro testimoniare che «egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio» e con Lui la nostra vita è stata «beneficata e risanata».

È bello ascoltare la lieta notizia di questa domenica di risurrezione perché ci fa comprendere che la gioia della risurrezione va coltivata, maturata e custodita dentro di noi. Non siamo di fronte ad una formula magica che scaccia via ogni ostacolo e tristezza di vita, ma come ci fanno vedere Maria di Magdala, Pietro e il discepolo amato di fronte alla tomba vuota ognuno di noi ha reazioni diverse. Maria di Magdala è la prima nostra maestra. In lei la gioia della risurrezione è ancora nascosta ed impastata ad un desiderio umanissimo di vedere il corpo del Maestro. «Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro» (Gv20,1). È la prima che ha il coraggio di lasciarsi provocare da un evento che è ancora avvolto dall’assurdo e dall’incomprensione. Maria è mossa dal forte desiderio di cercare il suo Maestro e proprio per questo si spinge a cercarlo anche se attorno a lei e dentro di lei è ancora buio. Questa discepola infervorata percepisce la paura, l’angoscia e lo smarrimento, ma il suo cuore innamorato la spinge a mettersi in movimento e a non darsi per vinta. Pietro, scosso dall’annuncio di Maria di Magdala, esce e corre a vedere quel sepolcro vuoto. Chissà quali pensieri lo avranno accompagnato: la ferita bruciante del rinnegamento, la fiducia sempre rinnovata di Gesù verso di lui e il desiderio di capire un po’ di più. Forse la corsa è appesantita da tutti questi pensieri, ma il desiderio di incontrare il suo Maestro lo spinge fuori e lo fa osare. Il discepolo amato, alla fine, ci regala la luce interiore che sa dipanare le tenebre. L’amore profondo che lo anima dentro lo fa andare oltre quello che vede e il segno delle bende e del sudario diventa l’annuncio che Cristo ha vinto la morte ed ora a tutti è dato un nuovo modo di vivere. A tutti coloro che, come il discepolo amato, si lasciano plasmare da uno sguardo interiore penetrante che sa andare oltre l’apparenza e che sa intuire la novità di Dio. Senza paura e con coraggio! Maria di Magdala, Pietro e il discepolo amato, pur nella loro diversità, sono caratterizzati dall’unico desiderio di incontrare il Maestro e di lasciarsi coinvolgere da quella presenza, desiderata e cercata. Quel desiderio li ha fatti uscire da sé, li ha fatti rischiare e li ha fatti correre verso un incontro capace di convertire di nuovo la loro vita. Attraverso di loro anche noi, oggi, giorno della risurrezione di Gesù Cristo, siamo chiamati a vivere da risorti perché desiderosi di amare il Risorto, di affidarsi a Lui e di raffinare lo sguardo alla sua luce. Lasciamoci illuminare dalla luce del Risorto! Spalanchiamo la nostra vita al suo amore trasformante! Non lasciamoci rubare la speranza!

a cura della Comunità monastica di Pian del Levro

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