Da Armando a Toni, riflessi di paternità

Quando nel momento del commiato, una comunità riconosce un proprio figlio come un maestro di umanità e di saggezza, vien da pensare che il buon Dio si serva ancora di questi “giusti” per illuminare il mondo con i riflessi della sua paternità. Tanto più se sono persone semplici ed essenziali, “servi inutili” con i calli sulle mani.

A tre mesi esatti dal funerale con cui Borgo Sacco ha salutato Armando Aste, l’accademico del Cai famoso fra l'altro per la “via dell'Ideale” in Marmolada e per aver assistito il fratello disabile, la comunità di Vigo di Fassa ha accompagnato uno dei suoi scalatori più forti dopo Tita Piaz, quel Toni Rizzi, autore di impensabili “prime” in Catenaccio, che ha recuperato centinaia di persone come responsabile del Soccorso Alpino fassano, pioniere in Trentino .

Questi due volti dalla fronte alta e dal ciuffo ribelle, già noti nei libri delle leggende storiche dell’alpinismo nostrano, non vanno accomunati solo per l'istinto straordinario con cui affrontarono da ragazzi gli spigoli verticali e la pazienza magistrale con cui da nonni insegnarono l'approccio ad una montagna da custodire più che da conquistare.

Li lega – stretti come la corda di canapa posta sulle loro bare – la fiducia in una vita da spendere comunque come dono prezioo agli altri. Dove anche l’andar per cime (“sempre più in alto”, direbbe Frassati) non è mai un sogno da Icaro, ma la coscienza di doversi fermare sul limite segnato dalla prudenza e dai consigli della preparazione tecnica. E dove anche la carriera alpinistica – mai vista come un assoluto irrinunciabile – viene poi messa da parte di fronte alla priorità di una scelta di servizio.

Anche un improviso handicap o un incidente o, nel caso di Toni, la perdita prematura di ben due dei sei figli, vengono superati con un personale rifugio nella consolazione della fede. Grazie anche al supporto della propria amiglia, avvertita come prima comunità, il lavoro viene dopo.

Non si nasce alpinisti così, si diventa. Sia per Armando che per Toni è stato l’ambiente delle amicizia giovanili a coltivare un animo spirituale, nelle forme rigorose dell’epoca ma anche in una rivisitazione genuina, essenziale. Non è un caso che il primo Soccorso Alpino fassano sia scaturito dal gruppo di giovani cattolici denominato “Lia Crepes”, cresciuto attraverso gite e momenti di formazione.

Altro che eroi solitari, Toni e Armando cercano e danno amicizia. Quest'apertura li porterà entrambi a provare un'esperienza amministrativa in campo ammnistrativo, col desiderio di cercare il bene Comune.

E' una generosità espressa evangelicamente di nascosto, tanto che solo gli amici sanno quanto la famiglia Rizzi nella sua accogliente Pensioone sotto il campanile di Vigoora abbia dato ospitalità ai ragazzi del Villaggio SOS di Trento. E così anche Armando che dopo la morte ha voluto lasciare disposizioni a varie realtà di volontariato con cui era venuto in contatto. Un motivo in più per cui la comunità lagarina possa pensare ad un'opera che ricordi il suo stile integerrimo e generoso.

Infine, la capacità “bambina” di farsi sorprendere dal mistero della natura, dalle leggi iscritte nel Creato, manifestate dagli animali e dalle piante. Armando aveva apprezzato tanto i suoi fiori del giardino da volerli proiettati in fotografia anche nella serata postuma predisposta alla Filarmonica due settimane fa.

Toni Rizzi si emozionava davanti al palpito luminoso di una pietra sgrezzata, lucidando e ammirando le migliaia di minerali che aveva personalmente raccolto sull’esempio dell’amico don Tullio Stolcis. Il suo Museo mineralogico “Monzoni”, affidato ad una Fondazione, dovrà essere valorizzato maggiormente dagli enti pubblici: insieme alle pietre preziose ora brilla anche il cuore luminoso della guida alpina.

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