La Messa è finita, ma continua nella vita

“Se tutte le Messe fossero così, allora sì che ci verrei volentieri…”. Al figlio adolescente che si lascia scappare quest’apprezzamento al rientro dal campo estivo, i genitori non sanno spesso cosa replicare. Anche loro, d’altra parte, hanno gustato qualche celebrazione indimenticabile anche a distanza di tempo e sperimentano talvolta una freddezza rituale che non riesce a riscaldare i cuori con quanto è invece “cuore della vita cristiana”.

Contraddicendo quanti lo accusano di seminare “confusione” nella Chiesa, Papa Francesco ha dedicato dal novembre scorso ben 15 udienze del mercoledì alla Messa (“che non è uno spettacolo”), ai suoi segni (come le mani alzate, “non i telefonini alzati”), alle sue parole (attenti che l'omelia sia ben preparata e breve, non più di dieci minuti”) e soprattutto al suo parlando profondo.

Mercoledì scorso, concludendo il ciclo con la formula di congedo, ha ribadito: “Mentre la Messa finisce, si apre l’impegno della testimonianza cristiana. I cristiani non vanno a Messa per fare un compito settimanale e poi si dimenticano, no. I cristiani vanno a Messa per partecipare alla Passione e Risurrezione del Signore e poi vivere di più come cristiani: si apre l’impegno della testimonianza cristiana. Usciamo dalla chiesa per «andare in pace» a portare la benedizione di Dio nelle attività quotidiane, nelle nostre case, negli ambienti di lavoro, tra le occupazioni della città terrena, “glorificando il Signore con la nostra vita”. Ma se noi usciamo dalla chiesa chiacchierando e dicendo: “guarda questo, guarda quello…”, con la lingua lunga, la Messa non è entrata nel mio cuore. Perché? Perché non sono capace di vivere la testimonianza cristiana. Ogni volta che esco dalla Messa, devo uscire meglio di come sono entrato, con più vita, con più forza, con più voglia di dare testimonianza cristiana”.

Questa fatica a collegare la Messa con la vita è stata diagnosticata recentemente anche dai giovani riuniti a Roma nel pre-Sinodo: “Capire i motivi per cui i giovani stanno lasciando la Chiesa in gran numero – hanno scritto nel loro documento – è cruciale per poter andare avanti. I giovani che non hanno legami con la Chiesa, o che si sono allontanati da essa, lo fanno perché’ hanno sperimentato indifferenza, giudizio e rifiuto. È possibile partecipare ad una Messa e andar via senza aver sperimentato alcun senso di comunità o di famiglia in quanto Corpo di Cristo. I cristiani professano un Dio vivente, ma nonostante questo, troviamo celebrazioni e comunità che appaiono morte. I giovani sono attirati dalla gioia, che dovrebbe essere un segno distintivo della nostra fede”.

Anche il nostro Arcivescovo Lauro, prima di lavare i piedi a dodici ragazzi delle parrocchie cittadine nella Messa di Giovedì Santo ha insistito sul significato centrale dell’Eucaristia. “Gesù vuole che il suo morire e il suo risorgere, prova tangibile dell’amore gratuito di Dio – ha aggiunto – , non restino un fatto del passato, ma diventino attuali, contemporanei, messi a disposizione degli uomini e delle donne di ogni epoca e di ogni luogo. Cari giovani, quanto vorrei che poteste sperimentare così l’Eucarestia! Quanto dobbiamo ancora darci da fare come Chiesa, perché così la possiate vivere. Quali straordinarie risorse potrebbe darvi, per affrontare gli anni della vostra vita, l’essere messi a contatto con il dono di Gesù, voi che contrariamente a quanto si dice, non siete secondi a nessuno sul terreno della gratuità e del servizio”.

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