La “bufala” di Natale

Così, spulciando tra le fake-news rilanciate dai canali social, tanto aggressivi quanto abili nello strumentalizzare le emozioni (e, forse per questo, sempre più rinnegati dagli stessi fondatori), capita di imbattersi nel racconto qui riportato.

«Marja aveva meno di vent'anni, Josko poco più. Sapevano che su quella carcassa non sarebbero mai arrivati oltre confine, di là dal Brennero. Alle porte di Trento il motore sembra sfatto. Gracchia. Si lagna per la stanchezza dei tanti chilometri e per il gelo che invischia i pistoni. Ma a preoccupare è soprattutto la pancia della donna, un sussulto continuo, una fibrillazione inquieta.

"Mi fa male Josko, sento che non manca molto!". Lui è sempre più agitato, non sa che fare, preso tra l'incubo di un’auto praticamente in panne e la paura martellante di un figlio che sta per nascere. Imbocca la prima uscita utile della tangenziale, e di lì sul ponte che attraversa l'Adige. Si guarda attorno dai pertugi di vetro liberati dalla brina, grattata via con la manica del giaccone bucherellato… Al di là del fiume brilla l'insegna “Camere-Zimmer”. Accosta l'auto, scende e s’attacca al campanello del garnì. “Mia moglie sta per partorire: è qui fuori, in macchina!”. “Siamo pieni, amico, ma se è così ti conviene correre in ospedale”.

Non c’è tempo, quale ospedale, nessuna ambulanza utile: i lamenti di Marja sono sempre più intensi. All'albergo vicino Josko non prova nemmeno. Risale in auto e nella concitazione cerca uno slargo, salendo con la vettura oltre il marciapiede, fin dentro la piazzetta alberata. Alza lo sguardo sulle finestre illuminate, i festoni luccicanti, i fari di qualche rara auto nel buio gelido. Si toglie il giaccone e lo mette addosso a Marja, poi fuori, di nuovo, con il proposito di riprovare ai campanelli di uno dei condomini affacciati, con quella fila di cognomi così strani ai suoi occhi di straniero, per dire dell’emergenza, della compagna incinta, un figlio che non può attendere. Ma con il timore di sentirsi rimandare indietro, banalmente, un “No scherzi a quest’ora!”.

Poco dopo la mezzanotte un grido liberatorio, della mamma e del bambino, si espande in tutto il circondario e accompagna l’uscita dal ventre del figlio di Marja e Josko. Piangono e si stringono, sono lacrime di gioia, bloccate a metà viso per il freddo.

Non passano molti minuti e da una delle case esce Anna, anziana vedova, i figli in giro per il mondo, il cane scodinzolante appresso e sotto braccio un cuscino e una coperta. A Josko dice di aver capito tutto guardando dalla finestra. Pochi istanti e arriva Filippo, un matrimonio che vacilla, due ragazzi da mantenere e ora un lavoro che non c’è più: ha con sé un catino d’acqua calda, qualche garza, una forbice. Dietro di lui Laura, infermiera, poca voglia di festeggiare: sul tavolo della cucina è rimasta la diagnosi medica che non le lascia se non qualche sterile speranza. E’ sola, il compagno l’ha lasciata qualche mese fa. Ma la vista del piccolo, adagiato sul sedile nell’auto che ha invaso la piazzetta, le strappa ancora un sorriso. E’ lei a tagliare il cordone. Alla piccola processione s’uniscono due trentenni di passaggio, una brillante laurea e tanti sogni, tutti ben riposti nel cassetto. In mano un pandoro e una bottiglia: se non per Marja, almeno qualcosa da mettere sotto i denti per lo sfinito Josko. Qualcuno ha chiamato il 118. Caricano con premura mamma e bambino e via, nella gelida notte trentina. Nella chiesa vicina, racconteranno alcuni testimoni, quel vagito si udì forte e chiaro durante la Messa di mezzanotte. E qualcuno avrebbe commentato: “Che genitori, ancora ‘n giro a ‘st’ora. Roba da mati“.».

Buon Natale. Anche alle bufale del web.

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