Una terapia contro gli stereotipi

“Se siamo più bravi, possiamo insegnare. Se sono più bravi, dovremmo imparare”

I tragici attentati di Parigi, vissuti come un attacco alla civiltà occidentale in un’evidente globalizzazione del terrorismo, non hanno scompaginato il programma tutto europeo di Beppe Severgnini, L’erba dei vicini (Raitre, lunedì 21.05), pur senza relegarlo nell’indifferenza. Lo hanno dimostrato le interviste ad alcuni giovani italiani che vivono a Parigi, nella seconda puntata, e ad alcuni ospiti della terza puntata dedicata alla Francia.

Opinionista di recente nelle trasmissioni Otto e mezzo e Le invasioni barbariche, anche in questo programma, ideato e condotto con il supporto di otto giovani giornalisti per le interviste esterne allo studio, Severgnini conferma la sua vena di osservatore acuto, garbatamente ironico dei costumi sociali, mettendo a frutto una versatilità di giornalista e scrittore non insensibile alla scena teatrale. Gli esordi televisivi come autore conduttore risalgono a Italians (1997) e Luoghi comuni (2001-02). Con L’erba dei vicini l’orizzonte si allarga al confronto fra l’Italia e altre sei nazioni, Germania, Inghilterra, Francia, Spagna, Svezia, Stati Uniti.

L’esito indica il migliore rispetto a quattro temi principali che variano nelle sei puntate, alcuni di vitale importanza sociale (es. casa, educazione, scuola, fisco, ecc.), altri di maggiore leggerezza. Ma questa sfida è solo un gioco fra “amici con rivalità” e mette al bando il “parlar contro” con l’obiettivo di informare divertendo e sfatare i pregiudizi. Per misurare la distanza fra l’astrattezza del pregiudizio e la concretezza della conoscenza si è escogitato il doppio voto del pubblico in studio prima e dopo essere stato informato, cui si aggiunge il verdetto del televoto.

Il programma è il prodotto della contaminazione tra generi diversi che si integrano in dinamico reciproco equilibrio: i filmati delle teche Rai come memoria dei rapporti passati, i giocosi cartoni animati di Francesco Angeli, il monologo dell’attore comico convivono con l’inchiesta e le riflessioni di carattere storico e sociologico. La politica non partitica, né ideologica, è presente nelle legislazioni e nei sistemi sociali che sancisce o induce a riflettere su annosi problemi, come la scelta del Regno Unito di stare più fuori che dentro l’Europa, ma può anche introdurre una nota di colore sul personaggio Angela Merkel, baby sitter dell’Europa, imperatrice e mammina dei Tedeschi, ricordandoci che nei suoi dieci anni di cancellierato, abbiamo avuto sei presidenti del Consiglio. Fra i pregi del programma oltre alla qualità dell’informazione si fa apprezzare l’efficacia delle immagini, che mostrano al pubblico le persone incontrate nelle interviste esterne nel loro ambiente e con i loro problemi e aspirazioni. Qual è il senso di un programma come questo nel presente clima di emergenza? Forse di aiutarci a sperare che un ritorno alla normalità sia possibile.

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