Perù: le contraddizioni della politica energetica

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In apertura della COY10,Pedro Gamio, Sottosegretario peruviano del Ministero per l’Energia, le Miniere del Perù e le Fonti Rinnovabili  ha illustrato le principali strategie di azione del governo in materia energetica e ambientale: “Il governo peruviano” ha detto “punta tutto sull’utilizzo delle fonti rinnovabili e sull’acqua, attraverso la costruzione di grandi infrastrutture idroelettriche che riducano la dipendenza energetica del Paese dall’estero”. Queste decisioni però non tengono conto degli interessi delle minoranze che abitano le zone interessate dalla costruzione delle grandi opere, ad esempio gli Ashanti nella regione dell’Inha Pari, al confine con il Brasile.A causa della conformazione geografica del suo territorio, il Perù non può contare sull’agricoltura ma soltanto su risorse forestali e minerarie. Inoltre, non possiede grandi industrie: la sua economia si basa essenzialmente sulla esportazione di materie prime. Il Paese produce complessivamente lo 0,4% delle emissioni di CO2 dell’intero pianeta, quasi come Danimarca e Nuova Zelanda, ma il suo PIL è all’incirca un quinto di quello di questi Paesi, segno che le risorse non sono ben sfruttate. Il problema, secondo il Sottosegretario, è la scarsità di nuove tecnologie che aumenta la sua dipendenza dall’estero e limita le possibilità di sviluppo del Paese, perpetuando le disuguaglianze sociali.Il tema della povertà è però strettamente legato a quello della disponibilità di fonti energetiche: la spazzatura per le strade crea problemi respiratori ai bambini, mentre nelle zone rurali del Perù la scarsità di acqua potabile e l’utilizzo di oli combustili per la cucina aumentano le probabilità di contrarre malattie croniche. Ma è eticamente corretto chiedere alle famiglie più povere di ridurre l’uso di olii da cucina anzichè ridurre il consumo di petrolio, che è il combustibile più utilizzato per il trasporto pubblico nelle città?Il Governo attuale affronta il problema puntando su due principali strategie: sfruttare il più possibile le risorse naturali locali, cioè il gas naturale e l’idroelettrico, per limitare la dipendenza dalle grandi compagnie petrolifere, e puntare sulle energie rinnovabili. Per questo motivo è iniziato, per esempio, un lungo processo di conversione dei taxi municipali di Lima a metano, più economico (costa solo 6 Sol/gallone, circa 1,5 Sol/litro) e meno inquinante del petrolio; e una conversione della linea ferroviaria pubblica che diventerà elettrica e coprirà Colombia, Ecuador e Perù.Le energie rinnovabili oggi sono convenienti e possono svolgere un ruolo importante, secondo il Sottosegretario. Ma ci sono diversi ostacoli che rallentano il loro utilizzo: alcuni di tipo tecnico, come la formazione professionale di tecnici esperti nell’eolico e nel fotovoltaico; il costo iniziale di tali infrastrutture che richiede grandi esborsi nel breve termine per guadagni soltanto nel lungo periodo; la resistenza istituzionale a modificare le vecchie politiche energetiche del XX secolo, ancora legate agli interessi delle lobbies.I pericoli, però, non sono soltanto da una parte: nel modificare lo status quo, sono in ballo anche gli interessi delle comunità locali. Nella zona dell’Inha Pari, al confine con il Brasile, vive da tempi ancestrali la popolazione Ashanti: proprio qui è in progetto la costruzione di una grande diga idroelettrica che abbasserebbe i costi dell’energia elettrica per il Perù. Una sfida della prossima COP20 è anche quella di tutelare le minoranze etniche colpite indirettamente dai cambiamenti climatici attraverso le strategie politiche imposte dai governi centrali.Serena Boccardo
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