“La mia Chiesa suona il sax…”

L’analisi e i sogni del musicista Roberto Gianotti, consigliere diocesano: “La freschezza dei giovani per dare vivacità…”. Attese dall’Assemblea: “Un momento di chiarezza”

Prof. Gianotti, lei è un musicista affermato e oberato di impegni, che si è reso disponibile per il servizio di consigliere in Consiglio pastorale diocesano. Cosa le ha dato quest’esperienza, personalmente?

Il vescovo Lauro ribadisce l’importanza del ruolo dei laici nella realtà della nuova Chiesa, chiarisce la sua visione della Chiesa che è dei battezzati, è di tutti noi. Proprio questi pensieri mi hanno spinto a conoscere una realtà nuova vista finora solo dall’esterno; in questo momento in cui si parla tanto, si critica tutto ma si delega ad altri, ho voluto mettermi in gioco e in questo breve periodo ho compreso con piacere la voglia della nostra Chiesa Trentina di uscire dalla sacrestia per capire meglio la realtà del territorio e dare testimonianza non solo di fede ma di vita.

Prendendo parte alle riunioni del Consiglio pastorale diocesano, ha condiviso anche la scelta di abolire i decanati. Come spiegherebbe in due parole la prospettiva di questo passaggio storico? Lo vedo come un passaggio naturale, logico, dovuto ai cambiamenti del territorio, della vita sociale, alla consapevolezza che il volto della comunità cristiana non è solo quello dei sacerdoti, ma è quello della gente comune che ha il piacere delle relazioni umane. La carenza di sacerdoti e di chi partecipa attivamente alla vita della Chiesa porta necessariamente ad allargare il territorio e a diminuire i vari livelli dell’attività pastorale.

Se dovesse paragonare ad un ritmo o ad un genere musicale la velocità dei “passi di comunità”  nella vostra Zona cosa le verrebbe in mente?

In questo periodo sto realizzando un progetto musicale dove il canto gregoriano viene contaminato dalle improvvisazioni di un sax. La Chiesa attuale la sogno così: una tradizione forte, salda, sana, capace di lasciarsi “disturbare” dalla freschezza dei giovani che entrano con la loro gioia, con la loro voglia di cambiamento, con il desiderio di sentirsi parte attiva di una realtà sempre più vicina a loro. Il ritorno nella vita di comunità dei ragazzi all’interno degli oratori nella nostra Zona è uno degli aspetti positivi che possono portare a questo.

Da laico quali emergenze sociali o culturali nella vostra Zona pastorale dovrebbero essere intercettate con più attenzione dalla comunità ecclesiale?

La vera emergenza sono i giovani con il loro individualismo, manca la voglia di sentirsi parte di una comunità all’interno di una parrocchia ma anche all’interno di un’associazione culturale o di volontariato, c’è nel giovane la coscienza di una figura del credente come persona debole, anziché percepire il credente, come ci ha suggerito il vescovo Lauro con un’immagine molto bella, come “custode di un Dio mite” dove il mite non è il debole ma “è colui che lascia essere l’altro quello che è”, una visione che può far cambiare umanamente, che insegna a vivere un vero rapporto umano anche con persone lontane e diverse da noi, che fa ri-scoprire la gioia del Vangelo e la figura di Gesù Cristo, questi sono aspetti che la Chiesa potrebbe maggiormente presentare ai giovani.

In due parole che cosa si aspetta dall’appuntamento del 10 novembre?

Semplicemente un momento di chiarezza per la nuova articolazione pastorale, non da tutti compresa, un momento di ricerca di comunità e di voglia di pregare assieme.

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