Capaci di accogliere

Un dialogo aperto, serrato, sincero, tra associazioni, cooperative, enti che si occupano delle persone senza dimora

Carità non disgiunta dalla giustizia sociale, ascolto degli ultimi, vicinanza a chi è in condizione di povertà (che non è solo materiale), a chi soffre, agli affamati di pane e di relazioni. L’insegnamento di don Dante Clauser, il “prete di strada” scomparso l'11 febbraio di un anno fa, è vivo e più che mai attuale, in questo tempo aggredito dalla crisi economica. Lo hanno bene espresso quanti hanno voluto ricordarlo lo scorso martedì 11 febbraio, raccogliendo l'invito della cooperativa Punto d'incontro, di cui don Dante fu il propugnatore, la guida, il riferimento fino all'ultimo: al mattino, con una santa messa celebrata dal vicario generale della Diocesi di Trento, mons. Lauro Tisi, nella sede del Punto d'incontro in via Travai a Trento; nel pomeriggio, con l'incontro, sempre presso la cooperativa, per un dialogo aperto, serrato, sincero, tra associazioni, cooperative, enti che si occupano delle persone senza dimora.

La serata, introdotta dal direttore del Punto d’incontro, Alberto Cortelletti, ha permesso di constatare quanto abbia inciso nella comunità trentina la figura di don Dante, col suo esempio di impegno nel sociale, profondamente radicato nel Vangelo. Ne ha richiamato rapidamente le coordinate Angelo Poletti, vicedirettore del Punto d'incontro, ma anche l'operatore più a lungo in servizio presso la cooperativa (15 anni): “Pensare a don Dante significa pensare a molti volti, volti di persone nelle quali lui vedeva il volto di Dio”, ha detto richiamando le parole di padre Fabio Garbari, il gesuita oggi in missione in Bolivia, che proprio al Punto d'incontro, accanto a don Dante, scoprì il valore del servizio agli ultimi. Come lui, molti altri oltre alla profondità spirituale hanno avuto modo di apprezzare la concretezza di don Dante, che si traduceva in una visibile insofferenza verso quelle che apparivano insopportabili pastoie che frenavano lo slancio nel servizio agli ultimi. “E il modo migliore per ricordarlo – ha concluso Poletti – è guardare avanti, ragionare su come assieme possiamo migliorare la vita delle persone che frequentano il Punto d'incontro e i servizi”.

Sul come, tutti d'accordo: dando fiducia all'uomo e alle sue possibilità di cambiamento. Così voleva don Dante, è stato ricordato, richiamando il saluto letto al suo funerale da Davide, ospite del Punto d'incontro: “Tu (Dante, ndr) sapevi bene che l'uomo deve riavere al più presto la sua dignità, cosa che oggi molti hanno scordato”. Ma come declinare questo impegno a “restituire dignità”? Per Francesca Sevignani, operatrice della Casa della giovane, “come comunità e come servizi dobbiamo offrire sempre più spazi di integrazione, di socializzazione, di comunità. E tutti i giorni offrire ascolto e spazio alle persone che si rivolgono a noi”. Padre Fabrizio Forti (assente perché impegnato nel servizio alla “mensa della Provvidenza” dei Cappuccini: il suo intervento scritto è stato letto da Milena Berlanda, coordinatrice del Laboratorio del Punto) ha invitato ad assumere il punto di vista del povero, come insegna san Francesco, tenendo sempre a mente che “il nostro servizio è solo un doveroso rispondere a diritti negati”. Mauro Pizzini di Casa Bonomelli della Fondazione Comunità Solidale, richiamando la complessità del disagio di chi è senza dimora, ha ribadito l'importanza di creare legami con la comunità di appartenenza. Per Francesca Ferrari di Trentino Solidale, ora che di fronte alle povertà lo Stato si ritira, “travolto dalle richieste”, compito delle associazioni di volontariato è farsi antenne dei bisogni della gente, incalzare l'ente pubblico, senza attendere peraltro “che le cose si risolvano o che le risolva il pubblico”. “Ma occorre farlo rinunciando all'autoreferenzialità e superando invidie e gelosie”, ha rimarcato. Accanto all'aiuto materiale che si può offrire alle persone senza dimora, per Claudio Bertolli dell'associazione Volontarinstrada è importante anche “entrare in relazione con loro” e “combattere pregiudizi e stereotipi nei loro confronti”. A ricordare che tra i compiti di chi opera nel sociale c'è anche quello della denuncia ci ha pensato Stefano Bleggi del Centro sociale Bruno. Bleggi ha ricordato che “decenni di politiche neoliberiste hanno prodotto macerie, con un aumento della povertà, della marginalità, della disoccupazione, dell'individualismo, di rigurgiti rancorosi”. E se finora il Trentino ha vissuto la crisi in modo diverso dal resto d'Italia, “ora la protezione dell'Autonomia temiamo verrà meno”. Se queste sono le poco rosee prospettive, è bene, ha auspicato, che “chi lavora quotidianamente accanto a chi è nel disagio, nel bisogno parli anche di ridistribuzione della ricchezza, della necessità di tagliare qualche grande opera per continuare a investire nel welfare, di diritti di cittadinanza, di protagonismo di chi usufruisce dei servizi”. Perché le politiche innovative “devono essere partecipate”, ha concluso, annunciando che dal primo marzo il Centro sociale Bruno, che riapre nel quartiere di Piedicastello, attiverà uno sportello per la casa.

Una proposta concreta, alla quale si sono aggiunte quelle avanzate negli interventi del pubblico: uno ha rimarcato la necessità che ciascuno si faccia carico dei problemi, con un'assunzione di responsabilità individuale nei confronti della comunità; un altro ha auspicato che si sia rete tra associazioni e con l'ente pubblico, oltre che il coinvolgimento degli utenti dei servizi (come accade con buoni risultati, è stato ricordato, nel Comune di Trento); altri ancora – i giovani scout del gruppo Trento 1 – si sono offerti volontari per l'accoglienza; qualcun altro ha invitato a essere più esigenti e stringenti nei confronti di chi amministra la cosa pubblica; un altro ancora ha chiesto, “come regalo a don Dante”, che “il Comune, la Chiesa, qualche associazione offra una struttura vuota subito disponibile” per aprire un altro dormitorio, “perché 100, 150 persone dormono ancora per strada”, e ha invitato il Punto d'incontro a non interrompere l'apertura domenicale, resa possibile grazie all'intervento della società Aquila Basket.

“E' il tempo di un'alleanza tra il pubblico e il mondo delle associazioni, delle cooperative, di chi si occupa degli ultimi e dei penultimi, quelli che sono molto vicini a finire sulla strada”, ha provato a riassumere l'assessora provinciale alla sanità, Donata Borgonovo Re, seduta tra il pubblico accanto, tra gli altri, a Sandro Schmid, al questore Giorgio Iacobone, alla consigliera provinciale Violetta Plotegher, a Bruno Masè di Trentino Solidale, a Paolo Tonelli della Cooperazione trentina, a padre Antonino Butterini. “Stringiamo un'alleanza che coinvolga i cittadini, facciamo crescere le forme di solidarietà diffusa”. E ha chiuso, sibillina: “Se resisto, nei prossimi cinque anni avremo molte occasioni per condividere percorsi che vanno in questa direzione”.

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