«Cercate il posto giusto!»

Dopo la professione solenne, alla radio diocesana la serenità della religiosa di Povo: «Nonostante un lavoro sicuro e tanti progetti in testa, mancava qualcosa per sentirmi pienamente realizzata». «L'amicizia è uno dei luoghi della manifestazione di Dio»

«Cercare, cercare, cercare tra i sentimenti più profondi, senza stancarsi. Chiedendo a Dio: che devo fare della mia vita? La risposta arriva». La ricetta vocazionale di suor Mara Bellutta, di Povo, classe 1973, è tutta qui, in centoquaranta caratteri. Pronta per essere tweettata, dopo essere andata in onda a Radio Trentino inBlu all'indomani della sua professione solenne con le Suore Francescane dei Poveri lo scorso 26 aprile, come raccontava l'ultimo numero di Vita Trentina.

Suor Mara, a ventisette anni aveva un lavoro sicuro da ragioniera, solidi progetti di famiglia, era sempre stata molto attiva in parrocchia e nella pastorale giovanile diocesana. Scusi, ma non le bastava?

Apparentemente mi bastava, ma c'era quell'inquietudine di fondo che mi faceva dire che c'era un di più che cercavo per la mia vita per sentirmi pienamente realizzata. Nel 2001 in un pellegrinaggio ad Assisi ho conosciuto il carisma francescano. Il suo stile di vita. Affascinata dalla sua passione per Dio e l'umanità ho iniziato a farmi qualche domanda in più e chiedermi se le risposte che mi ero data erano sufficienti.

Può spiegare agli ascoltatori cosa è accaduto ad Assisi?

Difficile, perché è qualcosa di molto profondo. Sicuramente l'aspetto più forte è stato riconoscere che mi ero data tante riposte, che avevo progetti definiti, compreso il voler mettere su famiglia, ma non mi ero fatta le domande giuste.

Ad esempio?

Sul senso da dare alla mia vita. Quel francescano “che vuoi che io faccia?” E come spendere davvero la vita in maniera radicale, non solo a part-time.

E le risposte sono arrivate?

Ho provato a capire da dove veniva quella nuova gioia nel fare le cose di sempre e nel conoscere un po' di più la comunità religiosa delle Francescane dei Poveri ho colto che anche quella era una famiglia. Ora sono felice, sento di essere nel posto giusto.

Come le ha conosciute?

A Borgo, in un percorso di discernimento vocazionale, termine impegnativo che però indica un cammino di conoscenza di se stessi e di Dio. Ho incontrato conosciuto un'altra francescana dei Poveri, suor Wilma Molinari di Riva. Quel che mi colpiva era il mettere Dio al centro nel lavoro, nel servizio, nel tempo libero, nella vita di comunità.

Il vostro carisma?

Riconoscere Gesù nei poveri e nei sofferenti.

A dire il vero non una novità particolare…

Nello specifico la nostra fondatrice, la beata Francesca Schervier, dice di sanare le piaghe di Gesù, quindi carisma è quello della guarigione inteso non tanto come qualcosa di miracolistico, ma la guarigione della mente, del corpo e dell'anima.

Quante siete?

Noi apparteniamo al ramo americano della congregazione. Siamo 130 nel mondo, in tutti i continenti. 40 italiane, 2 trentine.

Attualmente qual è la sua attività principale?

Vivo a Padova nella nostra casa di accoglienza “Progetto Miriam”: insieme ad altre tre consorelle mettiamo a disposizione la struttura soprattutto per donne straniere vittime di disagi sociali a cominciare dalla tratta della prostituzione. Questo nel “tempo libero”, poi lavoro come infermiera nell'Azienda sanitaria di Padova. Dopo la prima professione del 2007 mi sono infatti laureata in scienza infermieristiche.

Vi sentite chiesa di “periferia”, perfettamente in linea con Papa Francesco?

E' una gioia sentirlo. Ma la sua forza è il suo esempio di vita autentico. Quando ha scelto questo nome è stata una doppia felicità.

A Papa Francesco dice di ispirarsi anche la giovane suor Cristina Scuccia. Come valuta le sue performance televisive a The Voice?

L'ho seguita poco. Certo, a me personalmente spiace che si parli delle suore solo quando cantano a “The Voice”. Perché viviamo, credo, 365 giorni all'anno una vita bella ma difficile, in ambienti complessi, a contatto con realtà ferite, cercando di farlo nella maniera più semplice e direi anche più umile. Mi piacerebbe che si parlasse di noi donne consacrate anche per questo.

I suoi genitori?

Inizialmente scioccati: non è così comune che una figlia a ventisette anni ti dica “desidero consacrarmi”. Però mi hanno sempre accompagnata e sostenuta con affetto e grande libertà.

Quella possibilità di trovare la propria strada, idealmente postata in esordio, è senza limiti di tempo e d'età?

Penso di sì, ma l'importante è non essere superficiali e credere alla forza della comunità, della condivisione con altri di questa ricerca. Perché l'amicizia è uno dei luoghi della manifestazione di Dio.

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