I dieci anni di Beslan, per non dimenticare

La delegazione di “Aiutateci a salvare i bambini” consolida un filo solidale mai interrotto. E porta una lettera di Papa Francesco

Beslan, Ossezia del Nord. Il bilancio non è mai stato definito con chiarezza. Resta comunque una cifra spaventosa, una lama che indugia a lacerare: poco meno di trecentoquaranta vittime, di cui ben centottantasei bambini. In tre giorni, dall'1 al 3 settembre 2004, all'avvio dell'anno dopo le vacanze, nella “Scuola 1”. Una trentina di sopravvissuti arrivarono a Trento, ospiti al santuario delle Laste, pochi giorni dopo. Li invitò l'associazione “Aiutateci a salvare i bambini”, con il sostegno della Provincia autonoma di Trento. Con loro genitori e insegnanti, in tutto 63 persone: qui ebbero un servizio di prima assistenza per tentare di ridare un po' di normalità ad occhi e menti sconvolte da quel drammatico assedio terroristico, terminato in tragedia dopo l'assalto delle forze speciali russe.

Nei giorni del decimo anniversario, anche una delegazione trentina ha raggiunto Beslan. La guidava Ennio Bordato, presidente dell’Associazione “Aiutateci a salvare i bambini”. Con Bordato anche l’allora priore delle Laste, il carmelitano padre Paolo De Carli, oggi impegnato in Lombardia. Padre Paolo recava con sé una lettera di papa Francesco nella quale – rilanciava lunedì scorso radio Vaticana, ponendo la notizia in primo piano – Bergoglio esprime tutta la sua vicinanza alla popolazione della città osseta: “Sono consapevole – scrive il Papa – della grave ferita che è stata inflitta al vostro cuore. Il Signore crocifisso conosce la vostra pena. Lui, col seme della sua Resurrezione, saprà aiutarvi a superare la paura e l’incubo, e a trasformarle in forza di perdono”.

Ennio Bordato, cittadino onorario di Beslan, ricorda i passi più significativi del ponte solidale fra il Trentino e l'Ossezia, ben oltre i due mesi della prima accoglienza nel capoluogo: “Devo ringraziare la Provincia, tanti Comuni, associazioni, gruppi scout, tutta quella massa di persone che ci hanno aiutato per gestire un progetto unico al mondo di accoglienza e di aiuto psicologico a una città di trentamila persone”. A quei primi due mesi seguì l'invio a Beslan nei cinque anni a seguire, tre volte all'anno, di un'equipe di psicologi dell'emergenza dell'Università di Padova. “Nel 2009 – aggiunge Bordato – inviammo mille CD interattivi per aiutare a gestire le crisi derivanti dalla permanenza di tre giorni in quella scuola terribile. Da ultimo abbiamo seguito e sostenuto tre ex alunne, ormai ragazze, che hanno avuto bisogno di cure in Germania”.

Bordato estrae dalla tasca il discorso da lui pronunciato nei giorni della commemorazione: “Beslan deve continuare, per i Giusti del mondo, a rappresentare il dolore più profondo dell'umanità ferita, dolente, incapace a vivere in pace. A non usare l'assassinio di un popolo e dei suoi bambini per finalità politiche. Speravamo che Beslan fosse l'ultima. Ma, dopo Beslan, ancora Beslan: in Ossezia del Sud nel 2008, oggi nel Donbass e in Ucraina sud orientale. La stessa mano assassina e prevaricatrice. Lo stesso disprezzo per la vita umana, per la vita appena sbocciata. Gli stessi interessi che per volontà di sopraffazione sterminano un popolo indifeso, uccidono i suoi bambini”.

E quindi rivolgendosi al sindaco di Beslan Chubaev e agli amici osseti: “Abbiamo cercato di condividere il dolore. Vi abbiamo accolto con amore, vi abbiamo abbracciati e abbiamo pianto assieme a voi. Ma abbiamo anche riso con i vostri bambini scrutandone, dopo le paure, i piccoli passi verso una ritrovata fiducia nella vita”.

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