“Api, piove sul bagnato!”

In principio (anni Novanta) fu la varroa. Oggi si moltiplicano i danni al patrimonio apistico, in gran parte provocati dall’uomo stesso

Riceviamo e pubblichiamo.

Una nota della Direzione Generale della sanità animale e dei farmaci veterinari inviata agli Assessorati alla Sanità delle Regioni e Provincie Autonome, a tutti gli Istituti Zooprofilattici e a quello di Padova in particolare in quanto Centro di referenza nazionale per l’Apicoltura e infine, per conoscenza, alle Associazioni di categoria ha per oggetto la presenza dell’Aethina Tumida in Calabria. Si parla dell’avvenuto ritrovamento a Gioia Tauro in Calabria il 5 settembre scorso di un “nucleo esca” di questo “coleottero parassita degli alveari, esotico nell’intera Unione Europea e che è in grado di determinare dei notevoli danni che vanno dal consumo delle scorte di polline e miele fino ad arrivare alla distruzione dell’intera covata”. Dopo aver fatto rilevare che “l’Aethina Tumida è in grado di volare per diversi chilometri infestando aree di vaste proporzioni”, la direttiva emanata prescrive “in caso di ritrovamento di adulti e stadi larvali… la distruzione dell’intero apiario”.

Ancora una volta piove sul bagnato! Alle varie calamità che hanno colpito quelle che il compianto maestro Abramo Andreatta chiamava “le nostre api” e che all’epoca egli difendeva soprattutto contro la peste europea e americana nonché contro i trattamenti insetticidi indiscriminati, si sono abbattute sul settore apistico (che dovrebbe essere una branca di quello agricolo anche se la convivenza non sempre è facile), numerose altre calamità che egli, per sua fortuna, non ha fatto in tempo a conoscere.

Intendo riferirmi innanzitutto all’arrivo in Italia della Varroa Jacobsoni detta per la sua virulenza Varroa Destructor. A partire dagli anni Novanta, la varroa ha causato rilevanti perdite al patrimonio apistico; numerosi apicoltori hanno abbandonato l’attività. Ogni allevatore deve imparare a fare i conti con questo acaro, conti che spesso si chiudono in rosso.

Con una sequenza micidiale di eventi, alla Varroa si sono poi aggiunti molti altri problemi. Alle varie avversità naturali, dal ritorno primaverile del freddo alle situazioni di prolungata piovosità o di siccità, si aggiungono ora i danni da furto e quelli dovuti alla presenza dell’orso. Nell’ultimo decennio si è aggiunta anche la cosiddetta “sindrome da collasso” che specie nei paesi anglosassoni sta portando alla scomparsa, a partire dalle zone rurali, che invece ne dovrebbero essere il rifugio, dell’“amica ape”, come la chiamava don Giacomo Angeleri.

Tra le varie cause concomitanti che provocano questa subdola moria ricordo la distribuzione su larga scala dei cosiddetti neonicotinoidi che, con vari formulati ancora presenti in commercio, persistono sulle colture per mesi. Si aggiunga la presenza delle onde elettromagnetiche che disorientano l’ape.

A questi danni in gran parte provocati dall’uomo stesso, si è aggiunto da ultimo un generale rimescolamento genetico che, in un mondo collegato e sempre più interdipendente, ha portato, col diffondersi di nuove varietà, alla diffusione di nuovi parassiti nei confronti dei quali la nostra Apis Ligustica non è in grado di resistere. Mi riferisco alla Vespa Velutina che, importata in Francia, l’anno scorso si è diffusa anche in Italia, a partire dalla Liguria e dal Piemonte.

Per ultimo, ma molto probabilmente non ultimo, è arrivato dall’Africa questo coleottero e cioè l’Aethina Tumida, che ha spinto il Ministero ad emettere la sua drastica direttiva. Con l’Aethina Timida si vorrebbe fare quello che già si fa con la “peste” delle api. Ritengo che la strada che i vari Servizi veterinari di zona sono chiamati a intraprendere non solo non sia produttiva, ma anzi rischi di aumentare il danno. Nulla ci dice che in questo modo il problema possa essere risolto. Non solo con le arnie infette si bruciano anche quelle sane, ma si contribuisce a inquinare l’ambiente, trattando il terreno con pesticidi. Mentre le api vengono bruciate vive molto probabilmente qualche piccolo coleottero riesce a sfuggire al rogo!

Ritengo necessario prima di tutto agire col consenso degli apicoltori e poi adottare un sistema di lotta simile a quello di cui ci si è avvalsi contro la Varroa. Chi fosse interessato al problema può vedere il blog: https://apicolturasostenibile.wordpress.com/tag/calabria/. Solo un forte coordinamento e scambio di informazioni relative all’argomento tra i diretti interessati, anche attraverso l’uso di Internet oggi disponibile a tutti, potrà dare dei risultati. Questo coordinamento spontaneo a cui anch’io ho aderito e che vede l’adesione di numerosi apicoltori di varie regioni italiane, ha indetto il primo dicembre un raduno nazionale davanti alla sede del Ministero della Salute a Roma – che aveva convocato un incontro con Ministeri di Agricoltura e Ambiente e le Associazioni apistiche – per una manifestazione che mirava a sensibilizzare non solo i tecnici, ma l’intera opinione pubblica. Alla sopravvivenza dell’ape è infatti legata a doppio filo anche la nostra stessa sopravvivenza.

Dino Andreetta

(dino.and@libero.it)

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