Il cibo tra rito e quotidianità

Partendo dall’Ultima cena e passando attraverso altri episodi sacri e profani legati al tema della mensa e della cucina, la nuova mostra al Museo Diocesano offre una riflessione attraverso l'arte sulla convivialità, la famiglia e la condivisione

Con la sua 42° mostra il Museo Diocesano Tridentino si dimostra ancora una volta capace di inserirsi, attraverso la sua ricerca artistica, nell'attualità. L'esposizione “Alla stessa mensa, tra rito e quotidianità. Percorsi di riflessione attraverso l’arte” si pone come un contributo all’ampissimo tema del cibo e del mangiare rilanciato dall'ormai imminente Expo 2015 e si raccorda idealmente alla partecipazione della Santa Sede alla manifestazione milanese: il programma “Non di solo pane / Not by bread alone”, elaborato dal Pontificio Consiglio per la Cultura, concentrerà l’attenzione sulla rilevanza simbolica dell’operazione del nutrire.

La mostra a Palazzo Pretorio, che sarà inaugurata venerdì 6 febbraio alle ore 18, riunisce e valorizza una trentina di opere appartenenti alle collezioni museali, di differente tipologia e epoca, legate all’iconografia dell’“Ultima cena” affiancandole con altre opere contemporanee in prestito temporaneo al museo.

Le prime, datate dal XV al XVIII secolo, sono oreficerie, a incominciare ovviamente da emblematici calici, quadri, miniature e molte stampe non comprese nel percorso museale permanente. Vengono inoltre esposti dipinti e incisioni nei quali il tema sacro diviene pretesto per raffigurare ambienti di cucina e articolate composizioni di cibo. Insieme è collocata un’opera di Umberto Savoia nella quale l’artista roveretano propone una personale interpretazione del pasto consumato da Cristo prima del tradimento di Giuda.

I grandi temi mistici e simbolici evidenziati nei racconti evangelici dell’Ultima cena sono due: l’annuncio del tradimento (“uno di voi mi tradirà…”) e l’istituzione del sacramento dell’Eucarestia (“questo è il mio corpo…”). Ad essi si affianca la possibilità di fermarsi a riflettere su numerosi aspetti iconografici che la tradizione artistica ha via via elaborato, sull’analisi degli elementi che connotano la scena ed il loro valore simbolico, esemplificativo: le vivande e le stoviglie poste in tavola, le caratteristiche dei protagonisti, i loro atteggiamenti, gesti ed espressioni, le architetture di sfondo e contesto, la luce.

Come si diceva l’esposizione non vuole solo illustrare l’iconografia dell’Ultima cena ma insieme, e piuttosto, vuole proporre alcuni spunti di riflessione legati al tema della convivialità, della relazione, dell’incontro e delle tensioni emotive che, nel quotidiano, lo stare seduti “alla stessa mensa” può favorire. Lo fa con nove opere contemporanee. Quattro sono intense immagini fotografiche in bianco e nero di Luca Chistè scattate in alcune case di riposo del Trentino pochi anni or sono ricordano al visitatore gli spazi di grande solitudine che questo stesso gesto può lasciare aperti. Quattro sono opere di Gianluigi Rocca che raffigurano utensili domestici e stoviglie consumate, anche esse di cromie assai tenui: vere e proprie in nature morte simboliste che amplificano enigmaticamente il messaggio suggerito. Una immagine fotografica storica di Rodolfo Rensi, anche essa in bianco e nero, infine, costituisce ed esemplifica un fragile frammento di memoria, un simbolo silenzioso e immobile della cultura contadina dei nostri nonni così carica di pacata dignità. La valorizzazione delle analogie e delle differenze storiche esistenti tra le diverse opere intende stimolare nel visitatore una riflessione più profonda sul senso del cibo e del nutrimento, sia esso inteso come rito, sia praticato come gesto quotidiano.

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