Quando l’arte vede doppio

Alla Galleria Civica una mostra su “Il sosia”, lo sdoppiamento

Come scrive il filosofo Franco Rella la classicità era un luogo definito, confortevole, da abitare bene che l’esplosione del modernismo e degli “ismi” ha irrimediabilmente distrutto. Noi uomini e donne del XX secolo, e ancor di più del XXI, ci troviamo inesorabilmente a vagare fra le rovine frutto di quella deflagrazione. L’avvento delle Avanguardie Storiche ha determinato lo scioglimento, la negazione sia del “cosa” che del “come” che per secoli avevano caratterizzato l’arte, ma pure la vita e il mondo. Ciò ha portato con sé l’aprirsi di potenzialità e opportunità infinite, altrimenti neppure immaginabili e l’urgenza di nuove, inedite riletture e interpretazioni. Una delle più feconde è stata quella del perturbante (das Unheimliche) di Sigmund Freud. Da avvicinare anche all’altro (l’autore) di Jacques Lacan e di Arthur Rimbaud, al doppio di Otto Rank, all’ombra di Gustav Jung, allo sdoppiamento (“Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”) di Robert Louis Stevenson, alla maschera di Luigi Pirandello, allo straniamento di Bertold Brecht, all’eteronomo di Fernando Pessoa, allo scarafaggio di Franz Kafka, al concetto stesso di traduzione di Antonio Tabucchi. In senso lato il continuo spaesamento interiore generato da perturbanti fenomeni di raddoppiamento, ripetizione e specchiatura.

E’ questa l' indispensabile premessa alla mostra “Il sosia” che, ideata e curata da Federico Mazzonelli, è stata allestita da Alessandro Passardi negli spazi della Galleria Civica di Trento. In apertura, quasi in esergo, Focus, il cavallo in vetroresina con due terga e senza testa di Federico Lanaro. Otto artisti, scelti tra i più significativi nel panorama nazionale, sono stati chiamati a confrontarsi con alcune opere d’arte moderna e contemporanea provenienti da prestigiose collezioni private. E quindi con maestri dell’arte italiana e internazionale quali Medardo Rosso, Giorgio de Chirico, Tullio Garbari, Michelangelo Pistoletto.

E’ emerso così un dialogo, un lavoro in sintonia, un percorso fra opere (invero, non tutte capolavori) di diversi periodi storici, dalle avanguardie alle ricerche contemporanee, che esalta l’intreccio e la pluralità dei linguaggi generando complicità, deviazioni e inaspettate familiarità. Si ha avuto il coraggio e la forza di sviluppare, in modo del tutto personale, uno dei temi più indagati in assoluto della storia dell’arte quanto meno moderna e contemporanea, della filosofia e della psicanalisi: il doppio, lo specchio, l’alter-ego.

Michael Fliri indaga il tema della maschera e della metamorfosi attraverso un’installazione di forte impatto che rimanda all’uomo primitivo. Il cortometraggio preparato da Adrian Paci testimonia un gruppo di ragazzini albanesi che ridanno vita, se così si può dire, all’abbandonato cimitero cattolico di Scutari in un’atmosfera di sospensione temporale in piena sintonia con Giorgio de Chirico. Eva Marisaldi lavora sulla sensibilità, la trasparenza e la leggerezza, tanto che i suoi disegni sono fermati a terra da dei sassolini, quasi che il vento potesse portarseli via. La installazione di Luca Vitone presenta diciotto autori suoi amici attraverso un anagramma e la foto di un albero: è una palese dimostrazione della capacità dell’arte di restituirci il reale in termini di sensibilità. Giacomo Raffaelli tratta dell’impatto derivato dalla vendita di una sua opera ad un collezionista. Marzia Migliora parte da una bella scultura di Ryan Gander, una ballerina alla Degas, per elaborare una situazione di straniamento fisico e visivo che ricorda quello vissuto dal dr. Lemuel Gulliver nei paesi di Lilliput e di Brobdingnag. Luca Coser compie metaforicamente un passo indietro per vedere e capire meglio, per cercare le immagini nelle forme della realtà. Infine è presente Alice Ronchi, che presenta una inedita installazione video “emergendo” da una foto di Luigi Ghirri. Come scrive Carla Weber “tendiamo quindi verso il doppio, nostro sosia interno, per riconoscerci e dal doppio rifuggiamo per tornare all’individuo, all’indivisibile, in una réverie senza fine”.

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