Il racconto – Un altro bimbo finito nella roggia

Isaia si mette a parlarmi all’orecchio: “Dove vanno a finire i bambini che muoiono?”. In cielo, sto per rispondergli, ma lui mi anticipa: “In Paradiso, Pietro. Ma dimmi la verità: al Paradiso ci possono arrivare anche i bambini ebrei?”

– Mi pare di vederlo, là sotto!

– Non può essere, è stato subito ripescato, lo sai che sembrava ancora vivo.

Pensare che con Lorenzo abbiamo giocato sino a ieri.

– Non lo rivedremo più.

Isaia si mette a piangere disperato, io resisto, anche se sono piccolo mi sento forte, guardo l’acqua della roggia, i rami dei salici accarezzano la corrente. Le due lavandaie hanno smesso di lavorare perché un vigile le sta interrogando. Quel prete cammina sulla riva avanti e indietro, la sua lunga tonaca nera sembra spazzare il terreno, inoltre rigira qualcosa tra le mani.  Qualcuno curiosa dalla strada.

– Pietro, questa volta almeno, non daranno la colpa agli ebrei…

– Ma che cosa dici, Isaia!

– Mio papà Rubens, mi ha raccontato che in antico un bambino, di nome Simonino, è stato trovato morto annegato in una roggia qui in città e che di questo sono stati accusati ingiustamente gli ebrei: li hanno interrogati, torturati e alla fine uccisi, tutti.

– A marzo, ho partecipato anch’io alla processione in onore del Beato Simonino lungo le vie cittadine.

Rivedo il piccolo corpo imbalsamato nell’urna di vetro sorretta a spalla da fedeli e circondata da sacerdoti come per difenderla, noi piccoli portiamo fiori e candele, i ragazzi più grandi cantano e recitano preghiere, c’è anche il vescovo che pare vestito d’oro, tanta gente dentro e fuori della fila, partecipano molte suore, pure le nostre Canossiane dell’asilo, la processione si arresta alla chiesa di San Pietro, si chiama così? All’interno, una funzione lunga e devota, con un predicatore triste che fa piangere i vecchi, alla fine l’urna con il corpo scuro  viene rimessa su un altare sulla destra.

– Rubens, il mio papà, una mattina mi accompagna in una via del centro e spiega che la contrada prende il nome dal Simonino. Di fronte ad un’antica cappella mostra la statua del piccolo sopra il portale e soggiunge: “bella è bella, può anche commuovere… ma l’avvenimento, non solo per noi ebrei, rappresenta un falso storico…”.

Il vigile si avvicina a noi due: “Fatevi indietro dall’acqua!” dice. Poi domanda: “Lorenzo era amico vostro?”. Ed alla fine: “Non avete voglia di parlare. Tiratevi indietro, vi ripeto, anzi tornate nel cortile dell’asilo per aspettare qualcuno di famiglia che vi accompagni a casa…”.

Quando è libero capita a prendermi col suo taxi verde mio padre, bello e grande com’è pare un vero padrone. Di solito all’asilo arriva la mamma, piccola e gentile, strada facendo mi racconta storie commoventi: e come arriviamo al bar di Polda, proprio davanti alla casa dove abitiamo, un dolcetto è assicurato.

Sulla strada passano i carri trainati da cavalli dalla criniera bionda, quando arrivano qui vicino i guidatori sembrano volerli trattenere. Isaia si mette a parlarmi all’orecchio: “Dove vanno a finire i bambini che muoiono?”. In cielo, sto per rispondergli, ma lui mi anticipa: “In Paradiso, Pietro. Ma dimmi la verità: al Paradiso ci possono arrivare anche i bambini ebrei?”.

Mentre andiamo via, il sacerdote ci saluta sorridendo, tra le mani ha proprio una piccola croce. Ritorniamo all’asilo, in quel cortile interno circondato da colonne e da archi antichi; un’ombra leggera sta calando tutta intorno, non abbiamo voglia di giocare con i compagni che sono rimasti. Sulla morte noi piccoli sappiamo poco e gli adulti sembrano tacere per non farci del male, magari anche loro non ne sanno molto. Quanto al Simonino, anche se non gli diamo gli onori che riguardano il Beato, contano quelli che toccano ai bambini che muoiono.

– Pietro, ecco là, è arrivata tua mamma, – mi fa Isaia interrompendo i mie pensieri.

Le corro incontro. Voglio raccontarle di Lorenzo, ma sa già tutto: “In città non si parla d’altro, anche perché il suo papà è un gerarca fascista…  piuttosto noto… “.

Siamo già all’inizio della strada che scende diritta verso il Duomo.

– Mamma, anche i bambini fascisti, se muoiono, vanno in Paradiso?

– Che cosa ti viene in mente, Pietro? Certamente, il Paradiso è per tutti.

Non passa nemmeno un’automobile. Ci manca il taxi verde di papà.

La mamma sa leggere dentro di me e desidera buttare via le mie paure:

– Vuoi che il Buon Dio, che ha creato l’universo, non abbia deciso che i morti possano ritornare più che vivi? Lo capirai bene quando sarai più grande: Dio tiene più alla creatura in sé che ai meriti e agli attributi.

Siamo già davanti al bar di Polda, facchini, mercanti e balordi bevono ai tavolini messi lungo il marciapiede. Questa volta non ho voglia di dolci.

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