Il ladino di Tullio De Mauro

“Studioso rigoroso e appassionato del suo mestiere di Maestro e di abile divulgatore”

Selva Gardena – Si è spento il 5 gennaio Tullio De Mauro. L’insigne linguista ebbe sempre un occhio particolare per le lingue “minoritarie”. Per le lingue “altre”. Credeva nella possibilità di coesistenza, nell’Europa unita, di lingue comuni, comprensibili a tutti, e di lingue particolari, legate al territorio. Marco Forni, scrittore, lessicografo, storico collaboratore della sede gardenese dell’Istituto Ladino Micurà de Rü, ricorda con noi chi è stato De Mauro per i ladini e come fu un privilegio lavorare con lui.

Marco Forni, qual era l’atteggiamento di Tullio De Mauro nei confronti del ladino?

Erano diversi anni che non veniva più in montagna. Ogni tanto mi confidava, con una punta di nostalgia, il suo antico e mai sopito amore per la Val Gardena e i suoi monti, che per anni era stata meta privilegiata sua e della sua famiglia.

In riferimento alle aree ladine dolomitiche sottolineava le difficoltà di autonomia linguistica di un gruppo demograficamente minore, diviso in vallate diverse, stretto tra due gruppi linguistici di consistenza demografica assai superiore, portatori di lingue di ampia circolazione, lingue di grandi stati, lingue con grandi capitali e centri urbani di irradiazione. Grazie alle imprese lessicografiche in atto nelle valli ladine leggeva, però, diversi indizi di ripresa e riaffermazione del ladino.

Quale è stato il contributo dato dal linguista scomparso allo sviluppo della lingua ladina?

Ha riservato un occhio di riguardo al ladino. Il Dizionario italiano-ladino gardenese, uscito nel 2013, si apre con una prefazione di Tullio De Mauro e con un’altra di Luca Serianni. I due insigni linguisti sono stati anche i consulenti scientifici dell’impresa lessicografica. Fin dalla prima fase della progettazione e della stesura delle prime voci ho potuto contare sulla loro preziosa consulenza. Il fondamentale strumento di riferimento in lingua italiana è stata l’opera in otto volumi ideata e diretta da De Mauro il “Grande Dizionario italiano dell’uso” in otto volumi della UTET. A coronamento di questo percorso comune abbiamo presentato insieme a Firenze nel 2014, in collaborazione con l’Accademia della Crusca, il Dizionario edito dall’Istituto Ladino Micurà de Rü.

Che cosa pensava De Mauro dei rapporti tra le lingue in Alto Adige?

De Mauro diceva che il diritto al rispetto della propria lingua è un diritto umano primario e la sua soddisfazione nei fatti è una componente decisiva nello sviluppo intellettuale e affettivo della persona. Rispettare la diversità linguistica è davvero rispettare un diritto umano. Metteva spesso l’accento sulla giusta e necessaria risonanza che debbono avere anche le diverse varietà e realtà minoritarie che si compenetrano e convivono sul nostro territorio. Qualche anno fa l’Istituto Ladino Micurà de Rü lo aveva invitato, insieme al prof. Hans Goebl, a Bolzano a parlare di “Lingue al confine”. Ne emerse che i passi da fare erano ancora molti, ma bisognava continuare sulla strada intrapresa nel pieno rispetto delle diversità e del riconoscimento non solo delle proprie ragioni, ma anche di quelle dell’altro. L’Alto Adige dispone di tutte le prerogative per guardare a una casa comune europea, ma le sorti sono nelle mani di chi vive in queste terre.

Come è stato collaborare con un persona della statura di Tullio De Mauro?

Quando lo conobbi di persona il piacere più grande fu che l’idea che mi ero fatto di lui leggendo i suoi scritti coincideva con la realtà. È stato un privilegio poter collaborare con lo studioso rigoroso e appassionato del suo mestiere di Maestro e di abile divulgatore. Ho dialogato a lungo con lui di questioni lessicografiche, ma anche di impegno e passione civile e sociale. Era un erudito di una umiltà disarmante e un ascoltatore attento e rispettoso. Riusciva sempre a farti sentire a tuo agio. Un tratto del suo carattere era l’ironia e l’autoironia. Era un vero galantuomo e il suo lascito intellettuale e umano non verrà meno.

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