Pré di Ledro, la festa del sole riscalda la comunità

Pré di Ledro, il villaggio di 190 abitanti incassato nella valle del Ponale
Pré di Ledro, 5 febbraio – Anche se ha dato i natali a Renato Girardi, il sindaco dell’intera valle di Ledro (oggi Comune unico), il villaggio incassato nella valle del Ponale ha un sindaco esclusivo. Si chiama Nicolas Maroni, ha 16 anni e frequenta l’Istituto “Floriani” a Riva del Garda.

Nicolas è il “sindaco del sole”, un ruolo che ha ereditato da Nicolò Battaini il quale ha indossato quei panni per 51 anni. “Il mio ruolo – spiega il ragazzo – consiste nel dare il benvenuto e accogliere il sole nel giorno di Sant’Agata. Vado in piazza a prendere il sole e lo porto in tutti i cuori e in tutte la case di Pré”.

Quest’anno, in verità, il sole non si è fatto vedere. Dopo due mesi di siccità, la festa del sole che questo villaggio celebra da quasi sessant’anni, è coincisa con una giornata di nuvole basse e neve in quota.

Il sole se ne va da San Martino (11 novembre), nascosto dalle creste di Cima Bàl (1262 m) e della Loéra (863 m). Per tre mesi, quelli di Pré e di Biacesa devono accontentarsi di vederne i riflessi sul versante opposto della stretta valle che scivola nel Garda.

La “festa del sol”, che si celebra con qualsiasi condizione meteo, fu ideata nel 1958 da Daniele Colò, nato a Pré di Ledro il 5 febbraio 1894. Insomma, aveva visto la luce (del sole) lo stesso giorno in cui tornano a vederla i suoi compaesani. L’intraprendente organizzatore pensò bene di sovrapporre le due ricorrenze. Designò un comitato, fu eletto un “sindaco del sole” e furono coinvolti tutti gli abitanti del villaggio. Gli uomini a far la polenta “cucia” (condita), polenta di patate con dentro formaggio e salame. Le donne impegnate a preparare i “gróstoli”, ma soprattutto la “bióta”: una torta di mele che per diventare soffice, dopo l’impasto deve essere collocata sulla finestra per catturare i primi raggi del sole che ritorna nell’inverno di Pré.

“Anca la bióta la deve far la levàda, come el sul” spiega una donna sulle scale del Circolo ACLI di Pré, avviato nel 1955 e rimasto l’unico locale pubblico del villaggio. Punto di aggregazione per i giovani, di ritrovo per una partita a carte per gli anziani.

Un tempo, a Pré, c’erano tre osterie. “Adesso è rimasto soltanto questo circolo di Pré e Biacesa, aperto ai tesserati alcuni giorni, al pomeriggio, e la domenica”, avverte Mariano Bonisolli, presidente del circolo ACLI. “Il circolo esiste dal 1960, e dal 1965 ha preso in mano l’organizzazione della festa del sole. Ogni famiglia ha almeno un socio nel Circolo. E la festa del sole è la manifestazione più importante dell’anno. Perché ognuno, dai due ai novant’anni, ha un compito nel predisporre per la festa. Sono tutti coinvolti. I preparativi durano tutto il mese di gennaio”.

La festa del sole è stata l’occasione straordinaria per avere la Messa che, di solito, è detta il sabato sera. Infatti, il parroco, don Jgor Michelini è costretto a seguire le 5.447 anime delle otto parrocchie della Valle di Ledro (Bezzecca, Biacesa, Concei, Molina, Pré, Tiarno di Sopra e Tiarno di Sotto). “In realtà, i paesi sono undici, tutti provvisti di chiesa, campanile e cimitero. Per fortuna che mi dà una mano don Mario Sartori, che vive qui in pensione e la domenica vien su qualche frate da Arco”.

Perché fu fabbricato un villaggio, sul fondovalle, incassato fra le montagne? Risponde Nicolò Battaini: “Anche nel 1300, quando costruirono le case, d’inverno il sole non c’era. Invece c’era l’acqua. Abbondante, lungo il torrente Ponale. C’erano i molini, le fosine per lavorare il ferro, le fonderie”. Tutto finito. C’è un piccolo museo e un monumento ai “ciuaròi”, i fabbricanti di chiodi, opera di fra Silvio Bottes.

Nel paese, pavesato a festa con bandierine di stoffa da un capo all’altro della piazza, ci sono numerose abitazioni ben ristrutturate e pure altrettanti cartelli con la scritta “Vendesi”, affissi sulle porte delle case con le serrande chiuse. Nelle corti rampica qualche vite di uva fraga.

Nel cimitero di Pré, alla curva del cielo, i cenotafi raccontano vite di fatica. Rammentano la grande guerra che qui devastò tutto, compreso l’archivio del Comune, completamente distrutto. E con esso la memoria antica di una comunità che resiste e rinnova, ogni anno, la festa del sole.

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