“La risposta al dolore è il prendersi cura”

La vicenda di Fabiano Antoniani, in arte dj Fabo, che ha scelto di morire attraverso il suicidio assistito ottenuto in Svizzera, ha riacceso il dibattito sulla questione del fine-vita. Un tema delicato e controverso a fronte delle diverse convinzioni etiche o religiose e del coinvolgimento della classe medica, di politici e giuristi.

Tra chi fa leva sul diritto all'autodeterminazione, sulla libera scelta di ogni cittadino, e chi invece dice nettamente no all'eutanasia e sì invece alle cure eticamente adeguate rifiutando l'accanimento terapeutico (si veda l’editoriale in prima pagina).

Sotto il profilo mediatico prevale una certa confusione nell'uso dei termini eutanasia, suicidio assistito e Disposizioni anticipate di trattamento (Dat). Tre percorsi che in Italia non sono regolamentati in modo compiuto, ma per i quali attualmente vi sono sei proposte di legge (una di iniziativa popolare presentata dall' associazione Coscioni) che dovrebbero confluire in un unico testo di legge, ma è tutto fermo da un anno. Il disegno di legge sul cosiddetto testamento biologico invece, dopo tre rinvii, dovrebbe approdare in aula alla Camera non prima del 6 marzo.

Sul tragico epilogo della vita dj Fabo abbiamo raccolto ai microfoni di Trentino inBlu la valutazione di don Bruno Tomasi, rettore del Collegio Arcivescovile e docente di teologia morale allo Studio Teologico Accademico di Trento. “Per la dottrina morale cristiana quello portato a termine in Svizzera è un atto di eutanasia attiva e come tale non può essere legittimato – afferma il moralista – Ciò non significa che non vi debba essere un'attenzione di pietas verso queste situazioni di profonda sofferenza; tuttavia la vita umana resta una realtà sacra e intangibile”.

Per don Bruno Tomasi “una risposta concreta al dolore e alla sofferenza è l’amore, il prendersi cura dell’altro come espressione della carità cristiana, e dare un senso alla fragilità dell’altro – osserva – in un contesto socio-sanitario sempre più costretto a fare tagli per la mancanza di risorse”. Decisive sono le reti di relazioni e di servizio gratuito che si affiancano alla malattia e al dolore. “Tante decisioni rinunciatarie nascono in situazioni di abbandono, di solitudine, di rifiuto – prosegue – in una società individualista che privilegia il diritto all’autodeterminazione il rischio è quello di alimentare la cultura dello scarto di cui parla Papa Francesco, invece di promuovere la cultura dell’inclusione e della solidarietà”.

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Sulla morte di Fabiano Antoniani (nella foto con la moglie) è intervenuto in un'intervista a Canale 5 anche il presidente della CEI Angelo Bagnasco: “E' una sconfitta grave e dolorosa per tutta la società, per tutti noi – ha detto Bagnasco -, perché la vita umana trae spunto, forza e valore anche dal fatto di vivere dentro delle relazioni di amore, di affetto, dove ognuno può ricevere e può donare amore. Fuori da questo è difficile per chiunque vivere, la solitudine uccide più di tutto il resto”. Parlando al TG 1 sulla sentenza di Trento il card. Bagnasco ha invece osservato che “qualunque desiderio, pur legittimo che ognuno può avere, non deve mai diventare necessariamente un diritto”. Ha aggiunto che “il bene dei bambini richiede, secondo il buon senso universale, il papà e la mamma, quindi una famiglia, dove il papà e la mamma si integrano con armonia ed efficacia per il bene e per l’amore dei propri bambini”.

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