Doppia paternità, la Procura ricorre

Per la Procura generale presso la Corte d’appello di Trento il mancato riconoscimento non costituisce di per sé un pregiudizio per i figli,

Nessun riconoscimento di doppia paternità, ma soltanto una valutazione, discutibile, circa la possibilità o meno di riconoscere l'efficacia nel nostro ordinamento di un provvedimento giudiziario emesso in uno Stato straniero. A bocce ferme, a qualche giorno dal pronunciamento della Corte d'appello di Trento circa il riconoscimento del legame genitoriale di una coppia gay con due figli gemelli avuti grazie alla maternità surrogata, la Procura generale presso la Corte di Appello di Trento conferma di aver formalizzato l'annunciato ricorso in Cassazione contro il pronunciamento, firmato dal presidente della Corte d’appello di Trento, Maria Grazia Zattoni, che riconosceva tra l'altro come “nel nostro ordinamento non c’è un modello di genitorialità esclusivamente legato al legame biologico”, assumendo anzi “sempre più importanza a livello giuridico il concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare e accudire il feto”. Il ricorso, non ancora depositato, sarà comunque perfezionato entro il 23 marzo prossimo, prima cioè della scadenza dei termini di legge (30 giorni dalla notifica).

Il ricorso dovrebbe procedere entro le coordinate già tracciate in sede di appello dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Trento, Giovanni Ilarda, e dal Sostituto Giuseppe Maria Fontana, vertendo sul fatto che l’interesse del minore – dei minori – era già ampiamente tutelato e quindi, non dovendo privilegiare questo aspetto, va ritenuto che contrasti con l’ordine pubblico la doppia paternità, riconosciuta dallo Stato estero, ma estranea al nostro sistema giuridico per millenaria tradizione. Il problema lo pone il riconoscimento in Italia di atti di stato civile stranieri o di provvedimenti giudiziari stranieri, alla luce dei principi che sta affermando la Corte di Cassazione, e cioè la compatibilità con un ordine pubblico ormai da intendere come internazionale, non facendo quindi riferimento solo al nostro sistema che non prevede – prima ancora che vietare – la doppia paternità o la doppia maternità. Si tratta di vedere come e se queste situazioni, di fatto e giuridiche, che si sono formate all’estero possono essere introdotte, attraverso il riconoscimento, nell’ordinamento italiano, o se per effetto del mancato riconoscimento non ne vengano dei pregiudizi ai figli.

La tesi della Procura generale è che il mancato riconoscimento, da parte dell'ufficiale di stato civile del Comune di Trento, dell'efficacia del provvedimento giudiziario di uno Stato straniero, in questo caso il Canada, che riconosceva l'attribuzione di una seconda paternità – il rifiuto di trascrivere i nomi di entrambi gli uomini come padri dei due gemelli ha dato origine al ricorso in Corte d'appello e alla sentenza che tanto ha fatto discutere – non costituisca di per sé un pregiudizio per i figli della coppia, i cui diritti sarebbero già ampiamente tutelati. Il nostro sistema giuridico, ragiona la Procura generale presso la Corte d'appello, ha visto l'introduzione di nuovi istituti: le unioni civili, grazie all'intervento del legislatore, e, in sede giurisprudenziale, la “step child adoption”. L'adozione del figlio affine, infatti, non è espressamente prevista, ma la cosiddetta legge Cirinnà sulle unioni civile ha però lasciata aperta la possibilità da parte dei tribunali di applicare le norme sull'adozione in casi particolari (che dal 2007 è ammessa anche in coppie non legate da vincolo matrimoniale e quindi anche a coppie omosessuali). La Cassazione è intervenuta e ha affermato la possibilità dell'adozione del figlio del partner.

In sostanza, per la Procura generale non vi è ragione di scardinare l’ordinamento giuridico esistente, come è invece avvenuto nel caso, al quale si è fatto riferimento, di un’importante sentenza della Corte di Cassazione, la sentenza cosiddetta “delle due madri” (due madri spagnole). In quel caso la Corte di Cassazione aveva riconosciuto come non contrastante con l’ordine pubblico il riconoscimento di una doppia maternità, scardinando un principio fondamentale del nostro ordinamento, secondo cui i genitori devono essere un uomo e una donna, perché in quel caso si sarebbero determinati dei pesanti pregiudizi per il minore. E lo aveva fatto in nome di un superiore ordine pubblico internazionale e sulla base anche delle sentenze della Corte costituzionale che hanno meglio precisato il significato di famiglia, da intendersi non più solo in senso tradizionale. Ben diverso è invece per la Procura generale il caso in questione a Trento: i bambini avevano già ottenuto una consolidata situazione giuridica nell’ordinamento italiano, perché l’atto di nascita con il riconoscimento di un padre era stato regolarmente trascritto nei registri di stato civile del Comune di Trento.

Dei tempi del ricorso si è detto. Quanto al pronunciamento della Corte di Cassazione, in Procura non si sbilanciano. I tempi però saranno presumibilmente lunghi, ed è possibile che, nel frattempo, altre pronunce di altre Corti, magari in tutt'altra direzione, giungano a meglio precisare una materia tanto nuova, complessa e in evoluzione.

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