L’impegno di padre Sergio Janeselli in Camerun

“Sono in Camerun da 44 anni e quando ho avvicinato i pigmei per la prima volta, sono scappati dall’uomo bianco, cattivo. Poi pian piano si sono avvicinati, quando ho fatto arrivare loro sapone, sardine e altri piccoli beni di consumo. Con loro sono poi rimasto vent’anni”. Padre Sergio Janeselli della congregazione “Figli dell’Immacolata Concezione”, conosciuta anche come “Padre Monti” dal nome del fondatore, ha introdotto così il suo intervento, giovedì sera 31 agosto, nella sala delle associazioni di Ravina, ospite del Circolo culturale e ricreativo l’Allergia. Il Circolo ha preparato e offerto un’ottima cena per circa 70 persone di tutte le età – ha poi fatto notare in chiusura il vicepresidente Bruno Janeselli (fratello di padre Sergio) -, mentre quanto raccolto in denaro è stato tutto consegnato al missionario per contribuire in piccolissima parte ai numerosi bisogni che lo attendono in Camerun.

Padre Sergio, 76 anni ben portati, il 9 settembre riparte per la missione. Il Camerun è lo stato che rispecchia l’intera Africa, fra mare, montagne (il Monte Camerun supera i 4 mila metri), foreste e vegetazione. Da 24 anni è nella capitale Yaoundé dove ha operato in vari settori, tra i bambini di strada e gli orfani, e dove è attualmente impegnato in un centro per bambini e ragazzi con gravi handicap. In proposito, padre Sergio ha lanciato un appello a persone di qualsiasi età perché mettano a disposizione il loro tempo per del volontariato in missione: “Vi aspetto a braccia aperte”, ha detto.

E’ un sacerdote di poche parole, ma di fatti concreti, padre Sergio. Continua a costruire ponti fra culture, ma anche strutture: pozzi e scuole, perché la gente possa imparare a leggere e scrivere.

Nel suo racconto, accompagnato da numerose immagini, padre Sergio si è soffermato parecchio sui pigmei Baka: un popolo che lentamente sta estinguendosi, ma che ha abitato nella foresta da almeno 4.000 anni. Sono cacciatori e pescatori (con frecce, archi, reti), si cibano di tutto ciò che la foresta dà loro. Un popolo tranquillo che però ha subito un sussulto negli ultimi anni. Da qualche tempo, le compagnie del legno, sia francesi sia italiane, stanno facendo dei disastri enormi con la deforestazione. Tagliano i grossi tronchi, a macchia di leopardo, rendendo inaccessibile il rimanente bosco. Il governo è dalla parte delle compagnie e impone ai pigmei di uscire dalla foresta e portarsi sul ciglio delle strade per poterli controllare. Ma questo fa sì che loro rimangano senza cibo e senza foglie e piante per guarire. Per i pigmei, popolo che ha vissuto da sempre nella foresta equatoriale che dal Camerun si estende alla Repubblica Centrafricana, al Congo e al Gabon, è l'inizio della fine.

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