In missione da mezzo secolo

Don Giuseppe Beber e don Michele Balestra hanno festeggiato i cinquant’anni di sacerdozio
Don Giuseppe Beber e don Michele Balestra hanno festeggiato i cinquant’anni di sacerdozio.
Domenica 8 ottobre, tutta la comunità pastorale di Giovo si è stretta attorno ai propri pastori, don Giuseppe Beber e don Michele Balestra, per festeggiare i loro 50 anni di apostolato fra le genti.Anche l’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, ha voluto rendere omaggio ai due anziani sacerdoti, accompagnati fino alle porte della chiesa, dalle note gioiose della banda “Piccola Primavera”. Moltissimi fedeli sono giunti alla parrocchiale di Verla da ogni frazione del Comune, per partecipare alla solenne concelebrazione della Messa di ringraziamento e per far festa per l’importante traguardo raggiunto. Dopo la cerimonia, i festeggiamenti sono continuati col pranzo comunitario, preparato dagli alpini al palazzetto dello sport di Palù.

Giuseppe, classe 1942, e Michele (1940) entrarono nel 1953, nel Seminario Minore di Trento; all’epoca, gli studenti del erano circa 600. Seguirono parallelamente tutti gli anni di studi e vennero ordinati sacerdoti il 25 giugno 1967 da mons. Gottardi.

Il 25 ottobre di due anni dopo chiesero all’arcivescovo di essere mandati in America Latina. Con altri otto sacerdoti raggiunsero la periferia sud della metropoli di San Paolo del Brasile. La loro parrocchia contava circa 40 mila fedeli, tutti brasiliani in maggioranza cattolici, arrivati dal nord e nord-est del Paese, in cerca di lavoro.

Esercitarono il loro apostolato, nell’immensa parrocchia per ben 10 anni, dal 1969 al 1979. Poi, don Giuseppe rientrò in Italia, mentre Don Michele fu trasferito e Recife, la diocesi di dom Helder Camara, nel nord-est del Brasile; vi rimase per 6 anni.

Don Michele incontrava mensilmente il vescovo Camara che, con il suo operato, ha segnato la storia della Chiesa in Brasile e in tutta l’America. Fu il fondatore della Conferenza Episcopale Brasiliana e Latinoamericana; povero tra i poveri, lottava per i diritti del suo popolo. Erano tempi difficili, quelli della tremenda dittatura militare. La Chiesa era odiata e al contempo temuta, perché Camara sosteneva e invitava la sua gente, a lottare pacificamente, ma con determinazione, contro soprusi, sopraffazioni, ingiustizie, prevaricazioni, violenze fisiche e psicologiche, sistematicamente perpetrate. Più volte è stato minacciato di morte, ma lui non si è mai arreso.

Dopo il 1985 le strade dei due sacerdoti si incrociarono ancora, prima tra Condino e Storo e poi, nel 2004 sull’Altipiano di Brentonico, dove rimasero fino al 2010. Il 3 ottobre dello stesso anno vennero accolti dall’Unità Pastorale di Giovo, dove continuano la loro attività.

Tengono molto a sottolineare che l’esperienza più significativa e arricchente avvenne fra i poveri delle periferie del Brasile, in una Chiesa attenta alle sofferenze del popolo e voce di difesa di chi non ha voce, vittima silenziosa dell’ingiustizia. La Chiesa brasiliana in tutti i suoi documenti, insisteva che il cristiano deve scoprire nella Parola di Dio, la Forza di Liberazione del Vangelo. Un’ “evangelizzazione liberatrice”, partendo sempre dalla realtà di oppressione, povertà, fame e ingiustizia.

Rientrando in Italia si sentirono disorientati ed in difficoltà ad inserirsi in una Chiesa più legata alle pratiche religiose, che a un vero cammino di evangelizzazione. Ciò nonostante continuano con lo stesso spirito di attenzione verso la gente, con i suoi bisogni.

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