I carismi “dentro” la pastorale

L’Arcivescovo intende valorizzare i carismi dei vari Istituti religiosi, in un servizio sinergico sul territorio

“…fedeli al loro carisma, sotto la guida del Vescovo,  cooperino alla crescita della comunione ecclesiale”: questa preghiera dei fedeli in Duomo per la Dedicazione della cattedrale è il miglior commento alla mattinata di dialogo tra l’arcivescovo Lauro Tisi e circa 250 religiosi, religiose, consacrati e consacrate secolari, svoltosi sabato 18 novembre presso i Salesiani. È stato certamente un convergere positivo su alcune linee che probabilmente costituisce un buon punto di partenza per affrontare insieme un contesto profondamente mutato: “Davvero un incontro senza tanti giri di parole – uno dei tanti commenti, prima di rientrare nelle proprie sedi – premessa di una collaborazione più ricca”. Dalle “mutae relationes” come si diceva con una certa dose di umorismo, si è passati al concreto del guardarsi negli occhi per conoscersi meglio fra famiglie religiose e condividere anche difficoltà e limiti per trasformarli in una sinergia comunionale che diventa ricchezza per l’intera chiesa.

Nel preparare l’incontro, guidato dal verbita padre Giancarlo Girardi, erano uscite dal coordinamento locale alcune domande sottoposte al vescovo: la prima verteva sulla valorizzazione dei carismi; la seconda sul contributo possibile alla missione (e alla missione che sbarca tra noi anche tra i migranti); l’ultima sulla vita consacrata femminile. Mons. Tisi ha preferito non rispondere singolarmente, ma – anche rifacendosi a “per vino nuovo otri nuovi”  –  partire ciascuno dalle proprie povertà/sfide (invecchiamento, carenza di vocazioni, la questione delle strutture e delle opere) per evidenziare come solo in un incontrarsi e parlarne insieme si possa aiutare sia la Chiesa locale che la propria caratteristica.

“Quando in questo anno e mezzo abbiamo sottolineato il ruolo dei laici, anche per 'stanarli', ridimensionando le figure clericali nei Consigli pastorali – ha ammesso l'Arcivescovo – l’intento non era certo di sminuire la vita religiosa. Se in questo percorso dei limiti ci sono stati, ora diamo mandato a voi religiosi di stabilire per così dire tavoli di conoscenza e di progettazione comune, se vogliamo affrontare le tante sfide nuove, ma non in ordine sparso”. Un cammino che dovrà essere attento allo specifico della vita consacrata femminile e che deve integrare al meglio anche gli Istituti di vita consacrata, come ha osservato Tisi.

Emerge dunque la prospettiva di fare laboratorio, visto che nessuno ha soluzioni o bacchette magiche in mano. Gli ambiti di collaborazione sono molti: dai giovani, ai nuovi punti di ascolto auspicati dal Vescovo in ogni zona pastorale, a sinergie sul versante educativo, della carità o di tante emergenze (migranti, sanità, scuole ecc.). Vale la pena di puntare convergenti su Scuole della Parola come rafforzamento di un cristianesimo più robusto, più che di mantenere il numero delle Messe anche in centri piccoli… “Ma se non c’è un’assemblea celebrante?”, si è detto sottolineato il valore della qualità celebrativa e del coinvolgimento dei fedeli. La mentalità presenta ancora resistenze su vari versanti, ma con un po’ di coraggio di osare si può andare avanti.

È questa la piattaforma nuova su cui edificare insieme un rapporto sinergico a partire dall’identità di ciascuno: i carismi, oltre l’affaticamento delle organizzazioni e delle opere; l’identità e la memoria di una Chiesa locale che sa ridimensionarsi, ma per porre in primo piano il senso del suo esistere come comunità di discepoli e testimoni. Le interazioni tra Diocesi e vita religiosa saranno forse non facili, ma i risultati costruiti insieme saranno certamente migliori, anche perché esprimono una dinamica di “comunione per la missione”, ragion d’essere di entrambi.

G.B.

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