Il “giullare di Dio” secondo Tordoni

La casa editrice Il Margine lo ha presentato a Trento nella sede della Fondazione Demarchi

Quante storie, libri, film su di lui. E quante immagini stereotipate sulla santità. Ma se ti avvicini a Francesco, senti che il giullare di Dio le spazza via dal tavolo e ribalta tutto quello che credi di sapere. Soprattutto percepisci che, se vuoi entrare in relazione con la sua storia, non devi scrivere "su" di lui: puoi solo provare a entrare "dentro" la sua vita. E solo allora, ascoltando il vuoto e l'abbandono come ha fatto lui, può emergere un modo altro di comunicare la sua straordinaria vicenda.

È la via percorsa da Riccardo Tordoni, autore e interprete, con l'accompagnamento musicale del compositore Paolo Ceccarelli, del fortunato spettacolo teatrale "Francesco polvere di Dio", ora diventato libro grazie alla trasposizione di Simona Bianchi e alla scommessa – vinta – dalla casa editrice Il Margine che lo ha presentato martedì 5 dicembre nella sede della Fondazione Demarchi, in piazza S. Maria Maggiore, a Trento.

Non era semplice tradurre in testo scritto il tentativo di un uomo di oggi di "capire" un uomo vissuto 800 anni fa, provocato e provocante con il suo essersi lasciato travolgere e trasformare dall'incontro con Dio. Non lo era perché ogni uomo è un mistero inafferrabile fatto di corpo, che è materia e polvere, e di spirito, che è domanda e trascendenza. Non lo era perché esiste solo un canovaccio della rappresentazione teatrale, per di più in continuo divenire. Ma il Francesco di Tordoni ora può essere anche letto. Nello spettacolo egli ha fatto spazio ad un testo che è esperienza interiore, materia viva impossibile da ingabbiare in una forma rigida, magma fluido pronto invece ad adattarsi a luogo e pubblico, aperto a modifiche e nuovi arrangiamenti, simile ad un componimento musicale dal quale sgorgano nuove sonorità ogni volta che si ascolta la melodia di fondo, espandendo lo spartito di un "cantico" inesauribile. E perciò un testo che è autentica, paziente ricerca dell'altro e di ciò che la sua umanità può dire alla nostra vita, in un faccia a faccia che presenta attriti, ma che, nella "scazzottata" corpo a corpo con la spiritualità estrema di Francesco, porta ad una salutare messa in discussione. "Mi stava antipatico – ha raccontato l'autore -, poi mi ha fatto impazzire con la sua radicalità: un rivoluzionario di tale spessore non l'ho mai incontrato, mostra che non te la cavi regolando la vita e che nello "sfamare" il bisogno dell'altro, la sua debolezza diventa legame e fraternità". E anche le pagine del libro – arricchite dalle riflessioni di Roberto Lambertini, professore di Storia medioevale all'Università di Macerata, e di Alvaro Caciotti, professore di Teologia spirituale all'Antonianum di Roma – nascono dal desiderio di comunicare la sua figura andando oltre quell'idea di santità intesa, secondo gli elementi tradizionali, come "eroismo e seriosità", ma come "passione e gioia". Francesco ha affrontato il proprio limite, conoscendosi e riconoscendosi povero, ma amato personalmente da Dio. Il cammino intrapreso è perciò, come rilevato da don Andrea Decarli, quello di una persona che "conquista pian piano l'altezza della santità perché ha raggiunto profondità di umanità".

Il "registro" stilistico si muove tra toni brillanti e scanzonati e altri seri ma non seriosi: siamo tutti precari sul filo della vita, esposti al rischio di cadute, e procediamo un po' a tentoni senza sapere come andrà a finire, ma nell'immagine dell'equilibrista evocata da Tordoni, la leggerezza assume il valore di strumento che aiuta a capire la realtà con più umiltà: "Non do per scontato di essere padrone di ciò che dico, vivo l'atto della narrazione sostenuto da dubbi e domande. Cerco lo spirito che ha mosso Francesco e la comprensione di quello che ho intercettato sta avvenendo negli anni".

Lo spettacolo teatrale, ospitato proprio dalla Fondazione per l'Utetd nella primavera 2016, tornerà nel capoluogo durante la Quaresima 2018 nella chiesa di S. Carlo Borromeo.

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