All’Italia manca una cultura di parità

“L’Italia non ha una cultura di parità. Altrove è diverso”. Entra a gamba tesa nel dibattito Elsa Fornero, già ministra nel governo Monti, qualche era geologica fa (sono passati in realtà sette anni). E all’incontro “Donne che pensano i robot e disegnano l’economia”, nell’Aula magna di Lettere, dà una stoccata al nuovo governo: “Rilevo con preoccupazione l’assenza del ministero o delle deleghe alle Pari Opportunità”, dice, spiegando di riferirsi non soltanto alla parità di genere, ma a tutte le discriminazioni e alle diseguaglianze che sarebbe il compito “alto” della politica ridurre. Si parla di rappresentanza femminile nelle università, sia nella didattica sia nella ricerca, in particolare nelle discipline economiche e scientifiche: settori ancora dominati dagli uomini, con una dispersione di talenti, capacità, competenze che limita la crescita socio-economica e impedisce la rappresentazione e la partecipazione delle donne nell’economia e nelle politiche pubbliche. Cerca di farvi argine il progetto “100 donne contro gli stereotipi” (si veda 100esperte.it), promosso dall’associazione di giornaliste Giulia e dall’Osservatorio di Pavia con il sostegno della Fondazione Bracco e l’appoggio della Rappresentanza in Italia della Commissione europea. “Tutte le ricerche dimostrano che le donne sono marginali nei media e difficilmente sono presenti come esperte”, dicono ai microfoni di radio Trentino inBlu in piazza Santa Maria Luisella Seveso, giornalista, ideatrice con Giovanna Pezzuoli del progetto, e Monia Azzalini, responsabile del settore media e gender dell’Osservatorio di Pavia. “Il progetto offre una banca dati on-line all’indirizzo www.100esperte.it con i contatti di quasi 200 esperte, donne, eccellenze di materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e, dal marzo 2018, anche in campo economico”, spiega Azzalini. “Combattere gli stereotipi all’interno della professione giornalistica, ma non solo, è lo scopo per il quale è nata l’associazione Giulia”, osserva Seveso. “Con questa banca dati offriamo alle ragazze dei modelli di ruolo, delle ‘maestre’, le ha definite Elsa Fornero, dei modelli positivi importanti e contribuiamo così a cambiare una mentalità che, oggi, vede sempre gli uomini a dettare le regole e poche donne a raccontare il quotidiano”. La sfida è provocare un cambiamento. “Occorrono azioni positive come questo progetto, che cerca di svecchiare il linguaggio giornalistico portando la voce delle donne”, conclude Azzalini.

“Al tavolo delle decisioni devono sedere uomini e donne, devono essere rappresentati i diversi gruppi sociali”, osservava poco prima nell’Aula magna di Lettere Barbara Caputo, che all’IIT – Istituto Italiano di Tecnologia di Milano si occupa di “istruire” i robot, ponendo la questione cruciale di chi si preoccupi oggi di disegnare le tecnologie che in un futuro ormai prossimo entreranno anche nelle nostre case. “Non è neutrale il modo in cui le decisioni vengono determinate dagli algoritmi”, osserva.

A Trento Elsa Fornero ha parlato anche della riforma delle pensioni che porta il suo nome: c’è chi la vuole abolire, chi la vuole rivedere, chi la ritiene imprescindibile, se si vogliono salvare i conti pubblici. “E’ una bugia che io volessi privatizzare le pensioni. In Europa e in Italia la previdenza deve essere pubblica, però su basi sane, con un sistema sostenibile e adeguato. Con una promessa di pensione futura a 40 anni noi non risolviamo il problema dei giovani”, dice, spendendo qualche parola anche sul nuovo governo: “Promettere di reintrodurre le pensioni di anzianità è stata una bandiera, utilizzata per le elezioni, una variante povera del dibattito”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina