Stupefacenti in aumento fra i minori

L'allarme lanciato dal vescovo Tisi è confermato dagli esperti trentini del settore. “Con gli adolescenti non c'è mai un unico problema”

Alla porta del Servizio per le dipendenze (Serd) di Trento, Rovereto e Riva del Garda bussano sempre più adolescenti. Gli operatori che li accolgono si trovano davanti ragazzini e ragazzine molto fragili, dove spesso il consumo di sostanze psicoattive è la punta dell'iceberg di una sofferenza psichica e di un disagio molto più ampi.

Il Serd conferma quindi l'allarme lanciato dal vescovo mons. Lauro Tisi nella “lettera alla comunità”, distribuita con Vita Trentina la settimana scorsa.

Negli ultimi anni il trend dei contatti per il consumo di stupefacenti da parte di minori è in crescita. Nel 2011 le segnalazioni arrivate dalla autorità (Commissariato del governo, Tribunale) erano state 21, nel 2014 37, nel 2016 50 e l'anno scorso 57. “Non tutti questi ragazzi sono tossicodipendenti”, spiega Roberta Ferrucci, direttrice del Servizio dell'Azienda sanitaria. Solo una piccola parte di questi giovanissimi vengono presi in carico (4 nel 2017), mentre con gli altri si inizia un percorso più “soft” in collaborazione con le competenze del Servizio multidisciplinare adolescenze complesse (Smac).

“La segnalazione da parte delle autorità è una sorta di cartellino giallo che per noi significa avere a che fare con soggetti a rischio di sviluppo della dipendenza”, spiega la responsabile. Lo sdoganamento dei cannabinoidi come sostanze non pericolose, secondo l'esperta del Serd, è tra le cause dell'aumento dei contatti. Tra chi si presenta al Servizio, infatti, la maggior parte è stato segnalato per l'uso di queste sostanze “leggere”, seguite da cocaina, eroina e anfetamina. Il 20% sono ragazze, mentre l'età di primo uso è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi anni, con la persistenza però di picchi preoccupanti: nel 2016 sei persone tra gli 11 e i 13 anni avevano già assunto eroina, cocaina e alcol.

Anche i dati provinciali del consumo dimostrano un utilizzo diffuso. In Trentino il 29% degli studenti (15-19 anni) ha sperimentato la cannabis, mentre il 22% l'ha consumata nell'ultimo anno (dati Infosalute 2010).

“Dietro la parola 'leggere' si nascondono dei pericoli, perché su soggetti fragili come i giovani e con concentrazioni di principi attivi sempre maggiori, le conseguenze possono essere gravi”, testimonia la dottoressa Ferrucci.

“La dipendenza – prosegue la direttrice – è legata a fattori di vulnerabilità individuale, che ha basi genetiche e ambientali. Devo ammettere che questi ragazzini ci mettono emotivamente a dura prova, perché non c'è mai un unico problema”. È così che la dipendenza va a braccetto con la microcriminalità, con l'abbandono scolastico, con un alterato rapporto con il cibo. “Le problematiche psico-patologiche complicano l'esordio del disturbo. La soluzione terapeutica standard della comunità non va sempre bene, servono percorsi intermedi. È una nuova sfida anche per noi”.

Il punto di partenza è investire sulla prevenzione. Dopo di che, sottolinea Roberta Ferrucci, non si deve mai perdere la fiducia. “I ragazzi hanno bisogno che si creda in loro. Le misure drastiche con un minorenne che consuma droga non pagano.”. La responsabile del Serd su questo punto è tranchant: “Toccare il fondo a quell'età è pericoloso. A noi interessa che il ragazzo rimanga in vita, perché sui morti non possiamo agire. Questo non significa dire sempre 'sì', il problema non va sottovalutato, ma bisogna sempre tenere aperto il dialogo”.

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