Ma il confronto con l’anno scorso delude

Il concorso della 75a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, conclusosi la scorsa settimana, è stato, complessivamente, deludente. Ancora di più se messo a confronto con i film presentati l’anno precedente. Il Leone d’oro avrà anche messo d’accordo l’intera giuria presieduta da Guillermo del Toro (che aveva trionfato nella precedente edizione con “La forma dell’acqua”) ma “Roma”, del messicano Alfonso Cuaròn , pur apprezzabile nella forma, è parso debole e non certo memorabile. Storia di solidarietà femminile ambientata in una famiglia benestante di Città del Messico tra anni Sessanta e Settanta, rimarranno le polemiche sulla distribuzione Netflix, in streaming, presente al Lido con forza e che va occupando una fetta via via maggiore della produzione stravolgendo i canoni della visione, tra sale sempre più in affanno e piattaforme digitali. Detto che “Opera senza autore” di Florian Henckel von Donnersmarck (“Le vite degli altri”) avrebbe meritato ben altra attenzione, grande affresco sulla storia tedesca e, nello stesso tempo, intreccio di vite legate da un crimine orrendo, non resta che volgere lo sguardo altrove.

La Settimana della critica, organizzata dal Sindacato nazionale critici cinematografici italiani (prossimamente a Trento, al cinema Astra), ha assegnato i premi più significativi al documentario “Still recording” dei siriani Saeed Al Batal e Ghiat Ayoub. Un video potente e drammatico che entra dentro la guerra siriana, tra Douma, Damasco e Ghouta, girato tra il 2011 e il 2015 e che registra anche i pochi momenti di quiete, la vita quotidiana, non solo la prima linea. L’intervista al cecchino dell’esercito siriano libero che mentre mira telefona alla madre ovviamente non rivelando cosa faccia e dove si trovi e il ferimento “in diretta” di uno dei due film-maker sono alcuni dei momenti più forti e dirompenti del doc. “Arrivederci Saigon”, doc di Wilma Labate (“La mia generazione”), è stata la vera sorpresa del festival (presentato in “Sconfini”). Rivela una storia rimossa. Quella di alcune ragazze toscane, perlopiù minorenni, “Le Stars”, che si trovano, nel 1968, “sbattute” per tre mesi in Vietnam, sotto le bombe dei vietcong, a cantare e suonare per i soldati americani. Un’esperienza stravolgente, un incubo nascosto per anni.

Pa.Pi.

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