«Diciamo Padre nostro, non Padre mio!»

SOMMARIO: La sfida di una pastorale d'insieme tra Fiemme e Fassa: «Dovremo imparare l’”accoglienza”, ma da entrambe le parti e non fossilizzarci su stereotipi».

Tempi di comunità e tempi di lavoro in terra turistica: «E' sempre stato così. Penso che il Signore sia comprensivo! Non serve inventarsi nulla: impegniamoci con umiltà nella testimonianza quotidiana. Sono le piccole cose che fanno grande il mondo»

Giuseppina Rizzi, con quali aspettative la comunità fassana si avvicina all'Assemblea pastorale di zona?

Ci aspettiamo di comprendere dalle parole dell’arcivescovo Lauro come potrà funzionare la pastorale di zona. C’è parecchia confusione, sono state dette, e a volte sprecate, spiegazioni di cui ognuno ha voluto comprendere solo ciò che gli interessava. C’è parecchio scetticismo, in alcuni stupore mescolato a rancore e forse, poca volontà di disporsi all’ascolto.

Quali elementi positivi e quali criticità intravvede nell'organizzazione che si va delineando con l’abolizione dei decanati e la nascita delle zone pastorali?

Prima c’era il decano che conoscendo le nostre realtà, ci coordinava nelle varie attività comuni. Ora il nostro cammino è tutto da ripensare, da reinventare. La zona di Fiemme ha, rispetto a noi, altri ritmi. Lì ci sono più aziende artigiane, noi siamo più coinvolti con il turismo, conosciamo poco la loro realtà e i loro ritmi. In una parola: dovremo imparare “l’accoglienza”, ma da entrambe le parti e non fossilizzarci su stereotipi come: “Non riusciremo mai a lavorare insieme perché siamo diversi”.

Ci vorrà tempo e pazienza per allargare la comunità e iniziare a “pensare” insieme. D’altra parte la figura del presbitero, impegnato in sempre più parrocchie, può lasciare spazio a personalismi e questi non vengono accettati e infastidiscono i più. Per ora vedo parecchie difficoltà, ma sono anche fiduciosa perché tutti preghiamo il Padre nostro: diciamo Padre nostro e non Padre mio, non Padre della mia parrocchia e della mia chiesa e il “nostro” lo ripetiamo per ben sei volte in un’unica preghiera.

In un territorio che fa del turismo la principale fonte economica, la comunità cristiana fa i conti con l’immersione lavorativa, anche e soprattutto nei giorni festivi, di molte famiglie praticanti. E poi c'è la necessaria attenzione nei confronti di una pastorale del turismo. Quali prospettive immagina?

Si, durante le due stagioni che ci coinvolgono per circa sette mesi all’anno, la comunità fatica ad incontrarsi. Poi c’è il periodo delle ferie in cui ci si allontana dalla valle. Ma è sempre stato così. Ci si incontra, con diversa intensità, nei così detti mesi “morti” e lì si concentrano tutte le attività comuni pensate, studiate e organizzate in precedenza. Le famiglie con ragazzi in età scolare si preoccupano abbastanza di mandare i figli alla Messa e alla catechesi. Abbiamo animatori per gli adolescenti e per i giovani che, con non poche difficoltà, cercano di mantenere viva la comunità lavorando insieme nella valle. I nostri ritmi lavorativi non possono certo essere cambiati, sono proprio le festività che ci impegnano maggiormente. Chi si rilassa, visto che oggi va di moda dire così, lo fa nei fine settimana e penso che il Signore, dall’alto dei cieli, sia più comprensivo che non qualche credente qui sulla terra! Per quanto riguarda la pastorale del turismo nella nostra realtà le attività non mancano. Ogni giorno dal lunedì al venerdì volontari laici si prestano alla spiegazione della storia e dell’arte delle chiese della valle. Di grande pregio e seguiti da grande pubblico di turisti, sono gli incontri estivi “Ispirazioni d’estate”. Dietro c’è un gran lavoro del comitato sorto ben nove anni fa in decanato.

Quali sono i luoghi, le strutture su cui continuare a credere o investire per far crescere la comunità?

Non dobbiamo inventarci niente. Dovremmo fortificare quello che già c’è. Insistere e approfondire le catechesi, soprattutto quelle degli adulti. Proporre e non scoraggiarci se sono seguite da pochi. Non è la quantità che ci fa crescere, ma la qualità. Non è sufficiente frequentare la catechesi da bimbi per dire: io sono cristiano, io ho ricevuto i Sacramenti. Diamo per scontate tante cose, ma soprattutto demandiamo sempre ad altri. Impegnamoci con umiltà nella testimonianza, nel quotidiano. Sono le piccole cose che fanno grande il mondo. Teniamo la porta del cuore sempre aperta nell’ascolto dell’altro, così riusciremo a fare e ad essere comunità.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina