Devis Bamhakl, il poliziotto catturato dal Vangelo

Devis Bamhakl
“In questi mesi, qui nella parrocchia di Aldeno, ho sperimentato la realtà meravigliosa di poter condividere con le famiglie, gli animatori, i genitori e i ragazzi la vita della comunità. Stare insieme, preparare i giochi con loro… e poi mi ha fatto piacere la loro curiosità per capire la mia scelta, di uno che faceva il poliziotto e da lunedì sarà il loro diacono…”.

Già, i primi quarant’anni della sua vita li ha passati con la divisa Devis Bamhakl – il cognome di origine, ma è nato a Moena – , svolgendo il servizio d’ordine nelle piazze di Bolzano, Trieste, Roma e poi lungo l’Autostrada del Brennero, di stanza a Modena. Da sabato 8 dicembre, dopo l’imposizione delle mani da parte del vescovo Lauro, indosserà invece la stola del diacono, simbolo di un altro servizio, ma nel colloquio della vigilia Devis non riconosce rimpianti per il passato. “Sono convinto, anzi, che proprio l’incontrare tanta gente e trovarmi in situazioni in cui le persone si ritrovano fragili – penso ai momenti dopo gli incidenti stradali – siano stati degli elementi che mi hanno aiutato nel fare una scelta che, rispetto ad altri, è arrivata dopo”.

Non è stata una conversione, beninteso, perché anche prima partecipava alla vita ecclesiale, ma ad un certo punto è nato in Devis il desiderio di capire se il Signore non lo chiamasse a fare un altro passo. “Già a 34 anni avevo partecipato ad alcuni incontri vocazionali, ma è stato meglio aspettare”. Sei anni dopo è tornato da un decisivo pellegrinaggio in Terra Santa con la determinazione a rispondere ad una chiamata, a lasciare tutte le sicurezze: “Mi sembrava di aver trovato il tesoro nel campo, la perla preziosa. Ne sono ancora convinto…”. C’è stato anche un episodio simbolico, un semaforo rosso che si accende, la contravvenzione da fare a due giovani, da una parte il codice della strada e dall’altra il libro della liturgia delle Ore che egli stava pregando. “Quei due testi aperti erano per me come due strade fra le quali dovevo scegliere. Ed ho scelto la seconda…”.

Era il 2012 e inizialmente Devis si è appoggiato a Como ad un istituto religioso – la Compagnia di San Paolo – con il carisma specifico dell’accompagnamento dei pellegrini in Terra Santa. E’ stato però il consiglio del loro generale padre Luciano Magnini e soprattutto l’esperienza diretta in parrocchia a orientarlo verso la prospettiva del sacerdozio diocesano: “Un discernimento in cui mi ha molto aiutato la figura del mio parroco di Moena, don Enrico , prima di don Cristiano Bettega e poi del rettore del Seminario, don Tiziano Telch, che mi ha dato molta sicurezza anche nella mia vocazione adulta”. Sei anni di studi teologici, anche se lei era un po’ il fratello maggiore dei seminaristi giovani…

“All’inizio mi sentivo un po’ spaesato, non adeguato. Poi ho capito che si è in seminario proprio per verificare la propria chiamata. Poi il cammino è stato graduale, il percorso fluido e è servito molto il servizio di tre anni nella parrocchia di San Pietro ed ora ad Aldeno”.

In che cosa aiuta il Seminario? “Darei una risposta a coda di rondine, come si dice. Da una parte c’è la dimensione umana, con l’esigenza di fare verità rispetto ai propri limiti e punti di forza, per non cadere nella tendenza di sottovalutarsi – il mio caso – o di sopravvalutarsi. Dall’altra c’è la dimensione spirituale, in cui anche gli studi ti aiutano molto. Da questo punto di vista, essendo avanti con l’età, ho frequentato gli studi (raggiungerà il baccalaureato nel settembre 2019, ndr) ero molto avido di ricevere, di mettere nel sacco più conoscenze possibili…”

E’ figlio unico Devis e da qualche anno si prende cura anche dei cari genitori, alle prese con la malattia: “Quando i ragazzi mi chiedono del diaconato spiego che non è una carica dentro la Chiesa e il servizio non è mai una questione di sedie, di posti da occupare. A servire si comincia anche dai genitori anziani, per arrivare anche dai poveri che bussano alle porte della canonica. Così come un tempo ero interpellato dai bisogni degli automobilisti di fronte ad un trauma improvviso…”.

Alcuni dei colleghi poliziotti non mancheranno sabato in Santa Maria Maggiore (“le amicizie sincere resistono al tempo”) così come tanti altri giovani incontrati in questi anni.

Un ultimo spunto, l’equilibro fra vita attiva e contemplativa? “Non c’è alterità, sono due poli complementari, come ci fa capire il Vangelo con l’esempio di Marta e Maria. Lo ho visto in questi mesi in parrocchia: la giornata è lunga, ma senza quel tempo dedicato con il parroco don Renato alla lectio divina si rischierebbe di finire sbilanciati sulle cose da fare. Se invece la Parola di Dio ci accompagna per tutta la giornata…”.

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