Nel 2019 con l’insegnamento di Megalizzi

Da pochi giorni è cominciato il nuovo anno ed è consuetudine fare una lista di buoni propositi, magari tirando anche le somme dell'anno precedente. Negli ultimi giorni del 2018 sono accaduti eventi particolarmente tragici, che hanno scosso le menti e gli animi di noi giovani universitari. E non solo.

In particolare, la scomparsa di Antonio Megalizzi, questo ragazzo 29enne di Trento che ha colpito al cuore il Paese per le sue qualità ed il suo impegno ma anche, e soprattutto, per la sua semplicità. Antonio è il fratello, amico, figlio, vicino di casa e compagno di università di tutti. Il senso di perdita che si è provato durante la cerimonia funebre è stato grande; si è concretizzata la consapevolezza della perdita di un figlio dell'Europa, un figlio trentino.

Antonio era proprio il fratello, amico, figlio di tutti. Soprattutto fratello, in nome di quell'unità che si cerca di creare e tenere in piedi in questo periodo. La fratellanza è un concetto comune in molte religioni e società, fratellanza che fa rima con libertà e unità. Un popolo unito nella pace contro la guerra, unito nell'identità e nella consapevolezza di essere tutti uguali e tutti fratelli. Non un'identità omologa e omologante ma un'identità unita nelle differenze di tutti. Un'Europa libera accogliente e aperta. Un'Europa vicina a tutti e fruibile da tutti. Questa unità, fratellanza e libertà, però, non sono sempre condivise. Lo dimostrano le continue parole d'odio che ci tartassano le menti e il cuore quotidianamente, che si riflettono in fatti e azioni di discriminazione e indifferenza. L'odio che si insinua nella società e tira i fili di marionette cieche. Sono sconcertanti le analogie tra Antonio e quella mano mossa dall'odio che ha sparato nel mercatino di Strasburgo. Entrambi figli d'Europa, entrambi originari di luoghi diversi rispetto a quelli in cui sono cresciuti, entrambi nati nel 1989, anno simbolo di libertà e apertura. Eppure così diversi. Siamo il prodotto delle nostre scelte e mai, come in questo caso, l'affermazione è più calzante viste le biografie della vittima e del carnefice. Due ragazzi, due cittadini europei, due fratelli… poi la tragedia: un fratello che uccide un altro fratello, Caino e Abele. Caino, invidioso e geloso della preferenza di Dio per suo fratello Abele (il cui nome significa Vapore, Nulla; una sorta di predestinazione alla scomparsa) decide di ucciderlo. Anche qui è sorprendente trovare delle tristi somiglianze. Perchè quella mano di burattino dell'odio che ha impugnato la pistola ed ha sparato è di quella marionetta mossa dal burattinaio "odio", invidioso e cieco. Un sentimento d'amore e gioia che non è riuscito a crescere e germogliare ma che si è rinsecchito ed è imploso. Non è maturato e non è cresciuto rigoglioso ma marcio e velenoso. Il 2018 è stato macchiato da queste atrocità, non si può tornare indietro ma si può andare avanti con consapevolezza e concretizzando il bene.

Quello che Antonio Megalizzi ha fatto durante la sua vita è un insegnamento per tutta la comunità, un esempio di impegno e dedizione che devono essere coltivati e portati avanti. Il sacrificio di Antonio non deve andare sprecato, parafrasando il Vangelo di Giovanni, letto durante i suoi funerali, il seme ha dato i frutti: ora bisogna coglierli e non lasciarli marcire. Bisogna agire nel bene, non basta dire del bene, come esorta Papa Francesco. Che il 2019 sia un anno ricco di gioia, amore e buone azioni sincere.

Veronica Guglielmino

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