Vitalizi, i parroci protestano

Una nota del decanato di Cembra e Lavis: “Non si accordano con la dottrina sociale della Chiesa”

Sul tema vitalizi e pensioni d'oro, per il quale sabato scorso si è tenuta una manifestazione di piazza a Trento, la Chiesa trentina aveva preso posizione con l'Arcivescovo Bressan su Vita Trentina, ma giovedì scorso sono intevenuti anche i parroci del decanato di Cembra e Lavis con un puntuale documento.

"Da diversi giorni ascoltiamo le espressioni di sdegno, di dolorosa e amara sorpresa, di protesta, della gente dei paesi in cui viviamo, e dei fedeli delle nostre parrocchie, circa i vitalizi di cui godono gli ex consiglieri provinciali e regionali – scrivono i parroci con il decano don Vittorio Zanotelli – vogliamo dire alla nostra gente che condividiamo il loro disagio e la loro protesta, anche perché abbiamo ben presente i molti che con fatica e sacrificio, nell’incertezza del domani, si guadagnano il pane quotidiano,  chi vive la dolorosa precarietà e la mancanza di lavoro, quei nostri anziani e pensionati che con fatica arrivano a fine mese. Nei nostri cuori sentiamo la loro sofferenza. Situazioni del genere, inoltre, finiscono col creare disaffezione e rifiuto della partecipazione alla vita politica, specialmente nel momento delle elezioni. Riteniamo che questi vitalizi non si accordano con la dottrina sociale della Chiesa riguardo a salari e stipendi (Compendio della dottrina sociale della Chiesa nn. 302-303). Condividiamo quanto afferma il nostro arcivescovo mons. Luigi Bressan: “si tratta di un disonore per tutta la nostra regione e anche un  affronto all’autonomia, alla serietà, all’impegno di essere vicino ai poveri, a chi si trova in difficoltà … è anche un’offesa al buon senso, alla dignità della persona.” (Vita Trentina, 9.3.14). Ricordando che la cultura cristiana ha sempre ritenuto le istituzioni pubbliche un servizio indispensabile al Bene comune e che esse devono essere sostenute da tutti, riteniamo indispensabile che coloro che vi appartengono compiano ogni sforzo e necessario cambiamento affinché sia percepito in modo reale e concreto che l’appartenere ad esse è un servizio al popolo delle nostre terre, e non un modo per garantirsi situazioni di privilegio. Ci permettiamo di chiedere a chi ha la responsabilità politica di individuare una soluzione che sia rispettosa della dignità dei più poveri e deboli".

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