L’arte del “popolo della falesia”

Al Centro per la Cooperazione Internazionale fino all’8 novembre con testimonianze e presentazione di progetti di cooperazione

I Dogon, popolazione africana del Mali di circa 240.000 individui, sono conosciuti come “il popolo della falesia”, la formazione rocciosa che si eleva a 500 metri sul livello sabbioso sottostante e si estende per 200 km, nella regione di Bandiagara a sud del fiume Niger. Altri gruppi sono stanziati nei territori attigui al Burkina Faso. Sono coltivatori di miglio, caffè e tabacco. Grazie a Marcel Griaule e Germaine Dieterlen, i maggiori ricercatori che si interessarono a questa etnia vivendo con loro per oltre un ventennio, tra il 1931 e il 1956, le loro particolari abilità come fabbri e scultori sono state fatte conoscere, insieme alla grande conoscenza delle stelle e al loro adattarsi a vivere nelle falesie, trasformate in peculiari forme architettoniche. Ha contribuito a far conoscere questo popolo anche Umberto Knycz, imprenditore trentino che a partire dagli anni Settanta ha compiuto numerosi viaggi in Africa, visitandola quasi tutta quando non era così rischioso come oggi, entrando in contatto con i Dogon e instaurando un’amicizia fraterna caratterizzata da uno scambio di doni che ha reso possibile una prima esposizione dei preziosi oggetti ricevuti nello spazio archeologico di Palazzo Lodron nel 2014 e al Museo di Storia Naturale di Venezia nel 2016.

Ora la preziosa collezione artistica approda al Centro per la Cooperazione Internazionale, in vicolo S. Marco, a Trento, dove dal 1 ottobre all’8 novembre è esposta una mostra di 200 sculture tra statue, finestre, porte, gioielli, maschere nell’ambito di “Dogon. Cooperare in Mali con il popolo della falesia”, rassegna di sei eventi promossa insieme a Ipsia del Trentino fino a giovedì 7 novembre, quando si concluderà con il concerto del coro Altreterre e la testimonianza di maliani residenti in Trentino.

La presentazione del ricco programma, avvenuta giovedì 26 settembre, è stata l’occasione per ribadire la volontà di proseguire l’impegno nella cooperazione internazionale dopo i recenti tagli dei fondi da parte della giunta provinciale; in tal senso si è espresso il presidente delle Acli Trentine, Luca Oliver. “Umberto Knycz ci permette di conoscere questo popolo ampliando lo sguardo sull’Africa – ha osservato l’assessore comunale alla cultura e cooperazione internazionale, Corrado Bungaro -: fare politica significa proprio continuare a tessere relazioni con gli altri, superando chiusure anacronistiche”.

“Dopo aver scoperto i Dogon, la loro produzione artistica e architettonica, sono tornato in Mali altre cinque volte, affascinato da un popolo contadino capace di sviluppare una cultura originale e mantenere intatte le tradizioni più antiche”, ha raccontato Knycz, che ha documentato quanto scoperto durante le spedizioni nelle zone della falesia in un libro fotografico, “A come Africa” (Arca, 2009). “Poi ho incontrato Vincent Togo, nato in un villaggio Dogon, attualmente fisico nucleare, ed è stato lui a spiegarmi il significato delle figure scolpite sulle sculture, la simbologia di oggetti rituali e di uso quotidiano, gli usi e i costumi di questa affascinante e misteriosa etnia”. Togo, che lavora all’Istituto Nazionale di Ricerca Nucleare a Bologna, sarà ospite della rassegna nell’ambito della conferenza di venerdì 4 ottobre, alle 18: un’occasione imperdibile per conoscere il suo popolo e il prezioso patrimonio che Knycz mette a disposizione.

La mostra “Dogon” è esposta al CCI dal 1 ottobre all’8 novembre, dal lunedì al venerdì, con orario 9-12 e 14.30-17.30. Visite guidate alle 9, 10, 15 e 16.

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