A Betlemme Dio ci convoca per nome

E tutti ci ama “a fondo perduto”, come ci ha detto il vescovo Lauro, e sempre ci amerà in modo personale, proprio come il piccolo Zaccheo o la santa Maddalena. Tutti “ci consola con la tenerezza – riecco Papa Francesco a Santa Marta in queste omelie prenatalizie – come fanno le mamme quando i bambini piangono o i pastori quando portano gli agnellini sul petto”.

Fra i 23 personaggi scolpiti nel legno dentro la Betlemme di piazza San Pietro troviamo anche un malgaro che a Scurelle viveva da solo ed era soprannominato il Molo. Era un uomo buono, segnato dalla vita non facile, e in paese tutti lo ricordano ancora con affetto.

Quest’intuizione di dare un nome ai pastori del presepio ritorna nell’esperienza di genitori e di nonni, tanto che può capitarti ancora di scorgere sotto al piedistallo delle statuine l’indicazione scritta di un Bruno, Alessandro, Martino …
Quei nomi affibbiati dai bimbi di casa, spesso solo per una vaga somiglianza, esprimono ingenuamente la verità teologica di un Dio che a Betlemme ci convoca per nome, ciascuno con la nostra umanità irripetibile, in quest’irripetibile ora della storia.

E tutti ci ama “a fondo perduto”, come ci ha detto il vescovo Lauro, e sempre ci amerà in modo personale, proprio come il piccolo Zaccheo o la santa Maddalena. Tutti “ci consola con la tenerezza – riecco Papa Francesco a Santa Marta in queste omelie prenatalizie – come fanno le mamme quando i bambini piangono o i pastori quando portano gli agnellini sul petto”.

E’ forse più di un gioco infantile dare un nome ai personaggi convocati alla capanna in questo Natale 2019. Come Ivo Tomaselli ha inserito nel suo presepio di Scurelle il cromaro di cent’anni fa, venditore ambulante sulle strade d’Europa, così oggi dobbiamo prevedere il pachistano Ahmad: costretto a lasciare la sua terra, come tanti migranti per motivi etnici, economici o ambientali, cerca di guadagnarsi il pane e un’accoglienza non pelosa.

Se il presepe quest’anno ha le pareti di un luogo di cura o di una casa di riposo, non dimentichiamo il nome di Albano, Giuliana e gli altri volontari che ogni giorno si sentono chiamati a condividere la merce più rara, il proprio tempo.

Fra i nomi presenti nella Betlemme trentina non potrà mancare quello di Antonio, Antonio Megalizzi, che un anno fa ci ha lasciato a Bruxelles con il sogno incompiuto di un mondo solidale, o almeno un’Europa più fraterna, ringiovanita dai giovani. E, per restare fra gli operatori di pace, mettiamo anche Paolo (Borrometi) e Nello (Scavo), i colleghi giornalisti costretti a vivere sotto scorta per avere svelato e documentato trame d’illegalità e di soprusi.

Prevediamo poi anche il nome di mamma Francesca che poche settimane fa ha lanciato con altri “Amici di Sofi”, un’associazione di volontariato nel ricordo della figlioletta Sofia, stroncata dalla malaria due anni fa all’ospedale Santa Chiara.

Anche per farlo uscire prima dal carcere, nel presepio ci starebbe bene il marocchino Aziz, il detenuto di Spini di Gardolo che ha raccontato in un libro la sua storia di perdono, esempio di riscatto non impossibile.

Infine – ma ognuno può allungare la lista – ci sta anche il figurante protetto nel suo anonimato, perché vittima di quegli abusi sessuali contro i quali Papa Francesco ha regalato al mondo pochi giorni fa una misura straordinaria – l’abolizione del segreto pontificio – per una trasparenza coraggiosa e una conseguente “tolleranza zero”.

Non dimentichiamoci però di affidare ad un personaggio del presepio anche il nostro nome.

Il Dio Bambino quest’anno ci convoca, ci aspetta con la pazienza di un padre e di una madre, ci vuole incontrare personalmente, ci rioffre la sua vita buona. Per dirla con una delle “Parole chiave” di padre Livio Passalacqua “il Natale è nostro, è per noi e siamo noi che nasciamo alla Vita Eterna. Tu, Bambin Gesù, sei nato alla vita terrena (ben magro guadagno in sè) perché noi nascessimo alla tua. Supremo guadagno”.

Con questa fiducia, un Santo Natale a ciascuno di voi, cari lettori, e alle vostre famiglie

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