Caro Conte, non basta la politica, ci vuole la comunicazione

Da troppo tempo la politica italiana è solo una questione di comunicazione, o, per parlare fino, di storytelling, cioè di narrazione. Il premier Conte, forse perché si affida più ai cosiddetti spin doctor che ai consulenti politici, non riesce ad uscire dal circolo ormai vizioso della ricerca di palcoscenici e non riesce a produrre vere scelte politiche.

Lo si è visto plasticamente martedì nello show della “informativa” sulla sua politica presentata prima al Senato e poi replicata alla Camera. Intanto l’informativa non informava su nulla che non fosse già stato detto in svariate interviste ed interventi sui social.

Il parlamento non si aspettava nulla da quel discorso, se non l’occasione per ogni forza politica di fare il suo piccolo show, semplicemente ripetendo quello che aveva anch’essa anticipato su tutti i media.

Per il resto il significato del copione era noto a tutti. Il premier affrontava un finto passaggio parlamentare per non sentirsi più dire, probabilmente anche dal Quirinale, che la nostra Carta non prevede un premierato che fa a meno delle Camere (come sta facendo con i DPCM). Ci si guarda bene però dal far pronunciare un parlamento su un indirizzo politico che si teme non avrebbe una maggioranza. Per non correre il rischio di vederla frantumarsi, non solo non si vota, ma si mantiene tutto nell’ambiguità.

Per non far esplodere i Cinque Stelle si recita una penosa storiella sul Mes che o verrà riformato come chiede Conte o non se ne farà nulla, quando tutti sanno che sulla riforma del Mes c’è già un accordo, non certo costruito per merito italiano, e che dunque ci si dovrà arrendere ad utilizzare quella linea di credito per 36 miliardi, visto che siamo messi proprio male.

E’ abbastanza curioso che il giorno in cui lo spread arriva a toccare la quota 270 il dibattito in parlamento si concentri sulla possibilità o meno di fare da soli rastrellando risorse sui mercati a cominciare da quello del risparmio interno. Roba da non crederci, mentre fioccano le lamentele sui sussidi che non arrivano e sulla burocrazia che non riesce a far funzionare la macchina.

Conte e i suoi suggeritori pensano di aver fatto un grande piano cercando di far passare la narrazione che grazie al governo non solo si avrà il Mes senza condizioni e allora si potrà anche accettarlo, ma si otterrà anche la creazione di nuovi strumenti di credito. Non gli eurobond, che non sono possibili (la Merkel non ha intenzione di affrontare oltre all’opposizione dei suoi populismi interni quella della Corte Costituzionale di Karlsruhe), ma dei non meglio precisati “recovery funds”. Si sa già che c’è disponibilità a studiare qualcosa del genere per il nuovo anno e Conte cerca di far passare la cosa se non come una sua vittoria, come la vittoria di una cordata in cui ha avuto un ruolo chiave.

Il problema è che questa narrazione non corrisponde ad alcuna realtà. L’Italia in Europa è molto debole e lo è anche il nostro premier, perché i nostri giornali li leggono anche nelle ambasciate europee a Roma e quel che accade in parlamento lo sanno anche loro. Altrettanto sanno come siamo messi con la prospettiva di un PIL che forse perderà persino 15 punti. Arrendersi ai ricatti dei Cinque Stelle, che non sembrano acquietati neppure con un bel po’ di posti nelle partecipate, non è una cosa che accresca il prestigio di Conte. Certo a tenerlo in sella collaborano con grande impegno le opposizioni della Lega e di FdI che con la loro linea barricadiera e demagogica preoccupano molto gli osservatori delle varie cancellerie e non li invogliano certo a togliere il sostegno a Conte per avere al governo i populisti italiani.

Il problema è se basterà questo per affrontare le difficoltà della ripartenza. Non è con la pletora di comitati, task force e consulenti vari (circa 400 persone è stato calcolato) che il governo accrescerà la sua affidabilità. Ormai quella è diventata una moda che si diffonde nelle regioni e nei comuni, aumentando solo la babele di pareri (e siamo arrivati alle risse fra le prime donne – ma in verità sono maschi – fra gli esperti dei talk show). Urge invece un serio piano per evitare la crisi: si pensi anche solo al problema del turismo, che non si sa se possa sopravvivere ad una stagione che rischia di andare perduta. Ma per un caso che si apre, altri cento si aggiungono e siccome non si sa come si potranno aiutare tutti il problema diventa più che complicato.

Con una tornata importante di elezioni regionali e comunali in autunno, ci sarà poco da scherzare.

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