L’Iran di Sara Hejazi: “Nei giovani la chiave del futuro”

Teheran: al mercato. Foto Mirco Elena

È improntata all’incontro di mondi e di culture – tra Oriente e Occidente – la giovane vita di Sara Hejazi. Padre iraniano e madre italiana, antropologa delle religioni e delle società complesse, viene spontaneo pensare che attraverso il suo variegato profilo personale (un microcosmo ricco di incontri e crocevia di culture) passano vicende nazionali che riguardano popoli e paesi, la grande storia, contemporanea e non solo, pure quella più antica e remota. Nasce nel 1978 a Mashad, quando è già in pieno fermento insurrezionale l’Iran che di lì a poco vede la caduta dello scià di Persia e l’avvento della rivoluzione islamica di Khomeini. A sua madre viene consigliato di andar via.

Da lì si dipana un lento processo temporale, lungo qualche decennio, che vede da un lato la crescita e la maturazione di Sara Hejazi in un contesto educativo e di valori occidentale, a Torino, e al contempo l’evoluzione di una fase storica iraniana con l’instaurazione della Repubblica islamica. Un itinerario esistenziale tipico di tante persone che nell’ultimo scorcio del secolo scorso ha visto protagonisti esuli, dissidenti, resistenti o semplicemente chi ha lasciato per i più diversi motivi la propria terra. Una cesura che lascia il segno nell’animo.

In Sara sorge una doppia nostalgia. Dell’Iran perché l’educazione paterna, i racconti del nonno sono tipicamente connaturati alla cultura orientale in quell’area tra il Tigri e l’Eufrate così ricca di storia e di memoria. Ora che da alcuni anni può tornare in Iran, quando è là, si risveglia la nostalgia dell’Italia, delle persone conosciute e amate. Risulta istruttivo il suo punto di vista sul contesto attuale del suo paese d’origine perché aiuta a uscire da certi stereotipi datati, consente una presa d’atto che riguarda la complessità e il quadro iraniano attuale è certamente complicato.

“Il varco aperto dalla rivoluzione islamica è stato rilevante per alcune classi sociali”, osserva Sara. Sono entrati con forza nella realtà laddove prima risultavano estromessi, non considerati se non come forza lavoro necessaria. “I poveri, gli ultimi hanno fatto un salto in avanti”. Le rivoluzioni non sono mai moti di avanzamento lineari, assorbono in sé tensioni progressive e tendenze regressive. Oggi il 70% della popolazione ha accesso all’istruzione, prima era retaggio di pochissimi. Una piramide rovesciata. Da una monarchia con assetti di privilegio inauditi e insopportabili, a stato sociale.

Oggi l’Iran è in una morsa – sottolinea Sara Hejazi – tra sanzioni che fanno sentire il peso specie sulla povera gente – il regime economico autarchico non aiuta di sicuro – e un sistema politico che persiste su una ideologia rivoluzionaria superata nei fatti. Infatti, il processo di secolarizzazione è irreversibile, ha fatto passi da gigante presso la borghesia laica urbana, ma soprattutto nei giovani (le ragazze e i ragazzi che frequentano i più vari corsi di studi superiori e le università, avvezzi all’uso naturale e congenito dei social), i giovani che in una società di 81 milioni di persone rappresentano una fetta consistente, maggioritaria, imprescindibile. Cercano spazio e visibilità. Non si può far niente senza di loro; non si può ignorare quello che chiedono. Il futuro non può essere che nelle loro mani.


Chi è

Sara Hejazi è antropologa e giornalista. Ha condotto ricerche sul misticismo islamico, sul rapporto tra donne e religione, sul monachesimo contemporaneo, sulle grandi trasformazioni che lo spazio digitale ha indotto nelle relazioni umane. È titolare del corso “Islam in the Modern World” e “Cultural Linguistics” presso la Al Farabi Kazakh National. È docente presso l’Istituto Arcivescovile a Trento.

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