Dio ama il mondo così com’è

SIAMO FATTI PER LA LUCE Ricordo ancora la sensazione di timore che mi invase il giorno in cui da ragazza mi calai in una grotta insieme ad uno speleologo e la luce dell’esterno non si vide più. Pur avendo l’attrezzatura giusta, lì sotto ebbi la sensazione di essere fuori posto. Ammirammo stalattiti e stalagmiti, laghetti scintillanti, formazioni rocciose colorate e insetti abituati all’oscurità, ma io non riuscii a godere di quelle scoperte: mi sentivo in un posto sbagliato, un luogo a cui non appartenevo. Tanto forte è nei ricordi questa sensazione, quanto quella positiva che mi riempì il cuore uscendo finalmente di là. Sgusciai fuori e tutto mi sembrò più bello di prima: l’aria, i colori, i ciclamini selvatici spuntati tra le foglie secche di faggio. É la stessa sensazione di quando ci addentriamo nelle grotte del peccato – tra segreti, maschere e alibi – e poi torniamo a respirare a pieni polmoni alla presenza luminosa e ossigenante di Dio. Siamo fatti per questo!

DOMENICA 14 MARZO 2021 – IV DI QUARESIMA – ANNO B

L’evangelista Giovanni racconta nel brano che la liturgia ci propone oggi di un incontro tra Gesù e Nicodemo, un fariseo di Gerusalemme, emblema del giudaismo ortodosso e dell’uomo in ricerca. Va da Gesù di notte: intuisce che Gesù è «un uomo venuto da Dio», ma tuttavia si muove nelle tenebre: sarà Gesù a condurlo progressivamente alla luce. Nicodemo, nel racconto, rappresenta tutti coloro che cercano sinceramente di incontrarsi con Gesù. Per questo ad un certo puntoì scompare dalla scena e Gesù continua il suo discorso, terminando con l’invito a non vivere nelle tenebre, ma a cercare la luce.

Secondo Gesù la luce che può illuminare ogni cosa si trova nella croce. É da lì che egli ci invia segnali di vita e di amore. «In quelle braccia stese, che non possono più abbracciare i bambini, e in quelle mani inchiodate, che non possono più accarezzare i lebbrosi o benedire i malati, c’è Dio con le sue braccia aperte ad accogliere, abbracciare e sostenere le nostre povere vite»(J. Antonio Pagola).

Da quella croce Dio ci rivela che «ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito».

Possiamo accogliere questo Dio oppure rifiutarlo: siamo noi a dover decidere. Dio ama il mondo, lo ama così come è, nella sua fragilità e incompletezza, pieno di conflitti e contraddizioni. Questo significa prima di tutto che Gesù è il dono che Dio ha fatto a tutti gli uomini, non solo ai cristiani. In secondo luogo vuol dire che la ragione per cui esiste la Chiesa, l’unica cosa che ne giustifica la presenza nel mondo, è ricordare l’amore di Dio. Troppe volte si è condannato il mondo e non lo si è voluto ascoltare! Troppo spesso la Chiesa è stata capace più di giudicare e di condannare: si pensi al conflitto col mondo moderno, guardato sempre con sospetto. Dio ama il mondo intero, ama tutto il genere umano e non solo la Chiesa; non può essere accaparrato da nessuno, non può essere contenuto in nessuna chiesa, o moschea, o sinagoga… Io penso che in Dio ci sia il piacere di condividere l’avventura umana, tanto da avere bisogno degli uomini e delle donne, tanto da diventare uno di loro. «Tu, o Dio, non conoscevi le lacrime, e hai voluto conoscerle!» ha scritto un giorno padre David Maria Turoldo. Entrando nel mondo, vedendo il peccato, non ha pensato subito a un giudizio severo e a una condanna senza scampo. Fin dall’inizio aveva dato all’uomo il compito di continuare l’opera della creazione (cfr. Gen. 2,15). Era ed è un impegno «liturgico»: quando l’uomo si prodiga per pulire il mondo, per elevarlo attraverso il rispetto della natura, l’attuazione della giustizia, la promozione della fraternità, «compie la vera lode a Dio, diventa una persona “liturgica”» (B. Borsato). Il brano del Vangelo di oggi, però, fa balenare anche il destino fosco degli uomini che «preferiscono le tenebre alla luce». Sono parole percorse «dai brividi del giudizio, e diventano un appello alla conversione, soprattutto quando il male diventa una pratica costante» (G. Ravasi). La croce di Cristo, scrive Giovanni Crisostomo, è la frontiera che illumina il terreno del bene e svela le piaghe oscure del male. Su quella croce, Gesù che dona se stesso, ci insegna come amare il mondo.

E secondo voi?

Quali parole di questo Vangelo faccio fatica ad ascoltare?
Cosa può voler dire, concretamente, nella mia esperienza di uomo/donna che Dio ha bisogno di me?

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