Stefano Grassi, nuovo presidente della FIGC: “Al lavoro per far ripartire il pallone”

Grassi (a sinistra), con Sibilia e Pellizzari

Il calcio trentino riparte da Stefano Grassi. L’avvocato, con un ottimo passato di centravanti, ha avuto la meglio sullo sfidante Roberto De Laurentiis, (QUI L’ARTICOLO) che non ha raggiunto le 50 firme necessarie per presentare la propria candidatura e, a partire dal sabato 17 aprile è il nuovo presidente della Figc trentina.

Un inizio mandato che coincide con il grande bisogno di calcio giocato, dopo il lungo stop causato dalla pandemia, ma anche con la rivoluzione mancata della Superlega, questione anni luce distante dai problemi del pallone trentino, e che lo stesso Grassi, da noi raggiunto, preferisce lasciar commentare agli organismi centrali, concentrandosi sul lavoro per far tornare in campo il campionato di Eccellenza.

Presidente Grassi, a che punto è la ripartenza del calcio trentino?
Eccellenza a parte, i campionati sono definitivamente sospesi e se ne riparlerà dal primo luglio prossimo, quando speriamo di cominciare la prossima stagione in condizioni di normalità. La ripresa dell’Eccellenza (QUI L’ARTICOLO), seppure a ranghi ridotti, è un segnale importante per il movimento, reso possibile dal protocollo elaborato dalla Figc, che definisce tutte le misure necessarie per giocare in sicurezza.

Stefano Grassi, nuovo presidente della FIGC Trentino

Che prospettive ci sono per i settori giovanili?
Siamo fiduciosi e speriamo che già nelle prossime settimane si possa riprendere l’attività, per dare ai ragazzi e alle ragazze la possibilità di giocare che è la cosa più importante, sia dal punto di vista sportivo che da quello sociale e della crescita.

Teme che lo stop possa aumentare il rischio di abbandono precoce?
I giovani hanno vissuto momenti di difficoltà, oltre che per l’attività sportiva, anche per non aver potuto frequentare la scuola con regolarità. Fortunatamente tante società sono riuscite a portare avanti almeno gli allenamenti individuali, nel rispetto dei protocolli. Un’attività ammirevole, grazie alla quale confido ci si possa ritrovare ai nastri di partenza senza perdere nessuno per strada.

La priorità è il ritorno in campo, ma quali sono le altre sfide che deve affrontare il calcio trentino?
La prima è legata alla situazione pandemica e al suo impatto socio-economico sulle società. Oggi più di prima c’è bisogno di trovare forme di sostegno economico. Un’altra priorità riguarda i diritti di iscrizione, tema già sul tavolo della Lnd, poi la riforma dello sport, che pone una serie di oneri in capo alle società, che con l’abolizione del vincolo sportivo potrebbero ritrovarsi senza giocatori.

L’assemblea elettiva ha evidenziato una sorta di spaccatura nel movimento, anche all’interno del direttivo. Come convincere chi non ha appoggiato la Sua candidatura?

A gennaio ci siamo presentati per l’elezione del Consiglio direttivo con una squadra e con un programma, quindi anche se due consiglieri di questa squadra hanno sostenuto un altro candidato, dal momento che porteremo avanti il programma condiviso, non vedo come il Consiglio direttivo si possa disunire. Il fatto che alcune società non abbiano appoggiato la mia candidatura è un motivo di riflessione, ma credo che attraverso il dialogo e il confronto si possa arrivare ad un’unità di intenti, nell’interesse comune: il bene del movimento e la tutela di quelle società che ne sono il motore.

“Il Trento in C costituirebbe un traino per tutto il movimento”, spiega il presidente Grassi

La nota lieta di quest’anno difficile è rappresentata dal Trento. Che effetti potrebbe avere una sua promozione?
I risultati si commentano solo una volta raggiunti, ma la classifica è incoraggiante, quindi auspico che il Trento ritorni dove la sua storia merita che sia. Avere in provincia una società come il Trento in Serie C costituirebbe un traino per tutto il movimento.

Lo Stefano Grassi calciatore come avrebbe vissuto questo lungo stop al calcio giocato?
Avrebbe sofferto molto. Per chi è appassionato di calcio, e di sport in generale, non poterlo praticare è una fortissima limitazione. Oltre all’aspetto sportivo pesa il non poter coltivare i rapporti di amicizia e di socialità, come normalmente accade. Oltre alla partita infatti c’è tutto un contorno che rappresenta il tessuto del movimento del calcio dilettantistico.

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