Evviva le biblioteche, strumenti di democrazia

I ragazzi devono poter attingere a piene mani alla ricchezza delle biblioteche. Foto © Gianni Zotta

Non fu tanto un generico amore per la cultura a ispirare la nascita, cinquant’anni fa, della rete provinciale delle biblioteche comunali che rapidamente coinvolse numerosi paesi, in tutte le valli del Trentino, e che nel giro di pochi anni divenne uno dei più moderni sistemi bibliotecari italiani. Fu soprattutto un profondo senso di eguaglianza, radicato nella Costituzione, ma che aveva permeato come mai prima la società e la politica grazie ai movimenti degli anni ’60 e a figure come don Lorenzo Milani.

Come la scuola e l’università si erano aperte a tutti, così doveva essere per le biblioteche. Bisognava dare la possibilità al maggior numero di persone, di ogni età e condizione sociale, di accedere gratuitamente e liberamente a libri di ogni tipo, consultandoli o ottenendoli in prestito. E questo nelle valli, nei paesi, non solo nei centri urbani. In sedi belle, con orari comodi e personale preparato.

La biblioteca come strumento della democrazia, secondo la tradizione anglosassone, non luogo d’élite. Fattore di uguaglianza e di crescita culturale e civile del popolo. Fu una scelta coraggiosa e va dato atto a quella classe politica, in maggioranza democristiana, di averla voluta e di averci creduto. Su tutti l’assessore provinciale alla cultura di allora, Guido Lorenzi, scomparso due anni fa. Quei politici non irridevano alla cultura, come molti dei nostri giorni che fanno l’elogio dell’ignoranza, nella quale prosperano e grazie alla quale però fanno enormi danni, come la tragedia del Covid – 19 dimostra. Non erano privi di difetti, anche gravi, i politici di allora, ma questo non l’avevano.

Le biblioteche pubbliche sono per loro natura luogo di libertà, di legittimità riconosciuta alle idee più diverse. Questo fa paura, spesso, e non fu sempre accettato nel Trentino di allora. I conflitti e le censure non mancarono. Ma le biblioteche e le comunità maturarono e impararono a rispettarsi. Le biblioteche furono volute anche come centri di animazione culturale, in coerenza con l’essere strumenti della democrazia. E anche questa sfida fu vinta. Grazie al loro ruolo creativo, di stimolo, di coordinamento molti paesi cambiarono, letteralmente. Molte cosiddette “periferie” diventarono culturalmente vivaci, non meno dei centri urbani.

Sono altrettanto impegnativi e affascinanti i compiti che hanno davanti oggi le biblioteche. Tra le cose che hanno da fare, una deve sempre prevalere: proporre il libro come essenziale per la crescita personale e della comunità. Proporlo ai bambini, ai giovani, agli adulti, agli anziani (lo fanno anche le librerie, s’intende, i libri costano meno di tante cianfrusaglie che svuotano i portafogli). Noi tutti, più o meno, usiamo internet. Grande strumento di informazione. Ma un libro non è sostituibile.

Un grande scrittore diceva che non apprendiamo leggendo, diventiamo qualcosa. Non sempre accade, ma può accadere. Magari con “Guerra e pace” o “I fratelli Karamazov”, con “Don Chisciotte” o “Moby Dick”, coi racconti di Cechov o i romanzi di Dickens, coi “Vangeli” o “Le Confessioni” di Sant’Agostino, coi “Canti” di Leopardi o i Salmi, con Omero o Dante, con “Vita e destino” di Grossman o “Furore” di Steinbeck, con le tragedie di Eschilo o quelle di Shakespeare, con le pagine di Tacito o quelle di Tocqueville, con l’ “Elogio della follia” di Erasmo o l’ “Utopia” di Tommaso Moro, con l’ “Autobiografia” di Gandhi o “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Ciascuno avrebbe tanti altri titoli e autori da aggiungere.

Certo, si vive anche senza, ma perdendo esperienze umane e spirituali impagabili. Naturalmente i libri sono tante altre cose: un bel saggio, una biografia, un romanzo leggero, un poliziesco, un vocabolario, un atlante, un libro per ragazzi, uno di ricette, o di giochi matematici, una guida ai sentieri, un manuale per costruire aquiloni… Abbiamo a portata di mano le biblioteche che hanno una ricchezza di proposte formidabile, alla quale attingere a piene mani, insegnando ai ragazzi ad attingervi a piene mani. Augurandoci che continuino ad essere tutelate e sostenute come strumenti essenziali della democrazia.

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