Ascoltiamo le voci senza dimora

Aveva mai parlato con loro l’assessore leghista di Voghera, Massimo Andreaci, che dopo un alterco e un pugno ha sparato e ucciso una persona senza dimora e malata, Youns El Boussettaoui, sposato e padre di due bambini? Ha mai ascoltato le loro storie? Seduto accanto a loro su una panchina o in un luogo di accoglienza? Forse avrebbe capito tante cose delle persone senza dimora e non avrebbe mai sparato. Avrebbe capito cosa vuol dire vivere in strada e perché ci si finisce. E che il pericolo per la sicurezza non viene da loro, ma da lui con la pistola in tasca. Ascoltare le persone è il primo dovere di un politico. E di tutti. È quello che ha fatto l’iniziativa “#iorestoacasa – voci di chi non ha casa” che ha raccolto le testimonianze di chi ha vissuto la pandemia a Trento senza una casa dove stare. Promosso da Il gioco degli Specchi, Punto d’Incontro e Atas, e coordinato con la passione di sempre da Maria Grazia Mura, il progetto è diventato un podcast e un libretto. Da cui abbiamo tratto alcune testimonianze. Ascoltiamole.

“Una panchina con un sacco a pelo. Questo ho passato quando ero sulla strada. Ti sposti da uno dall’altra. Ti senti come un…un animale che è sulla strada senza mangiare, senza niente”. “In più avevamo nascosto le coperte, per non portarci sempre il peso delle coperte…ma ce le hanno buttate via, quindi proprio noncuranza delle persone magari più in difficoltà. Quindi il senso umano…già prima del Covid non c’era molto, col Covid è peggiorato…quando faceva freddo siamo stati tre giorni senza coperte, ci siamo morti di freddo”. “La mia famiglia è una cosa che ho sempre in testa nelle mie giornate perché so che sono venuto qua per dare una mano ma loro secondo me soffrono ancora di più, per loro adesso sono una delusione”. “Fatto richiesta per documenti di salute…ancora non mi risposta. Dico una cosa: io sono dormi fuori, io sono male e dormi fuori e grazie il Punto d’Incontro e grazie ai Cappuccini: mi dà il mangiare, mi dà i vestiti, mi lava i vestiti, tutti. Però dormi fuori. Non c’è nessuna famiglia vado io, per stare con la famiglia. Non abbiamo niente, stare da solo qua”.

“Se vuoi un futuro devi essere curioso, devi conoscere la città, il tuo impegno è passare la giornata a sapere i posti dove puoi dormire… posti un po’ isolati, in modo che la polizia non scopre che qua dorme la gente, se no alle tre di notte ti svegliano… i primi tempi vai a cercare sempre con la paura di lasciare lì le coperte e quelli che puliscono le buttano via, a volte torni e non le trovi neanche e ti tocca dormire così e girare tutta la notte. Chiunque avrebbe paura di dormire fuori…”. “Abbiamo fatto il lockdown a Casa Maurizio quindi siamo stati fortunati che comunque durante il lockdown non eravamo in mezzo alla strada e quindi un letto ce l’avevamo, mangiare ce l’avevamo”. “In questo posto dorme anche gente che ha un lavoro, che ha il permesso, ma non ha una casa, perché il datore di lavoro magari ti fa un contratto a tempo determinato, tipo sei mesi…non ti affittano una casa se non hai un contratto indeterminato, e non si fidano perché sei straniero”.

“Se rimaniamo così veramente, è dura dura dura dura…io parlo per me stesso, non ce la faccio più…”. “No, io spero veramente che ci chiamino per il dormitorio [Bonomelli]…no perché, soprattutto lavorando…quindi le mie gambe…perché faccio sempre 6-7 ore al giorno, quindi le gambe…perché non ho una bici elettrica, ho una bici normale quindi, soprattutto quando mi mandano in salita è abbastanza tosta trovarmi a dormire in terra…”. “Io voglio stare solo bene, avere un lavoro, una casa che io devo andare a sudarmi per pagarmela, e basta, i documenti, una casa, un lavoro, non sto chiedendo nulla a nessuno, chiedo al mio sudore di darmi quello che mi serve…”. “Perché dove vai dormi? A giardino? Giardino non si può, fa freddo. Se loro vuole fare bene per gente, ci sono tanti palazzi chiusi. Perché loro non portare gente in un palazzo? Lascia gente di là”.

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