Con l’impresa V-FRM arrivano a Rovereto gli orti verticali per il settore farmaceutico

Spesso la ricerca medica comincia dalle piante. E a coltivarle in modo da facilitare il lavoro degli scienziati ci pensa V-FRM. L’impresa, da poco insediata negli spazi “Be Factory” in Progetto Manifattura a Rovereto, dentro il polo tecnologico di Trentino Sviluppo, ha infatti brevettato un innovativo orto aeroponico, già in uso all’Università di Bologna e utilizzato per un progetto di ricerca che partirà a breve con la Fondazione Edmund Mach.

In questo impianto fatto di luci e vasche inclinate le piante sono sospese nell’aria e assorbono acqua ed elementi nutritivi tramite nebulizzazione. Così, le radici rimangono pulite e si possono utilizzare – per esempio per estrarre un particolare principio curativo – senza sradicare la pianta, e dunque, mantenendola viva. Inoltre, coltivare a ciclo chiuso permette alle piante di crescere senza contaminarsi con i metalli che potrebbero essere presenti nel terreno, come nichel o cromo, particolarmente insidiosi per chi è allergico. Ma non solo. Negli orti sospesi la frutta e la verdura si può “biofortificare”, ovvero si possono aggiungere tra i componenti nutritivi maggiori quantità di minerali come il ferro, elemento fondamentale nella dieta di chi è anemico.

Basilico giapponese, gerani sudafricani, rucola, fragole e fiori edibili. Sono solo alcune delle piante coltivate nei nuovi orti aeroponici di V-FRM. A metà – come si evince dal nome – tra una farm, ovvero una fattoria, e una firm cioè un’impresa. A fondarla, tre amici padovani: gli informatici Andrea Guglielmi e Stefano Boaretto e il biotecnologo Davide Meneghello.

“L’idea ci è venuta interrogandoci su due grandi questioni. La prima, alimentare, parte dal presupposto che i nostri figli in futuro si troveranno a mangiare cibi sempre più processati e inquinati“, spiega Stefano Boaretto, amministratore delegato di V-FRM. “La seconda, invece, è legata all’era post-industriale e alla riconversione degli stabilimenti abbandonati. Ed ecco che la vertical farm, ovvero la coltivazione a ciclo chiuso di piante sospese con il totale recupero dell’acqua degli impianti di climatizzazione e scarico ci è sembrata una risposta efficace e sostenibile. E per trasformarla in realtà non potevamo non scegliere un incubatore che, come Progetto Manifattura, facesse della sostenibilità e dell’economia circolare i propri valori fondanti”.

Dopo aver valutato la possibilità di comprare un impianto già predisposto in Inghilterra, i tre soci hanno però deciso di costruirne uno in proprio. Il sistema – brevettato e composto da una serie modulabile di lampade e vasche inclinate che scaricano da sole l’acqua – si basa su un nebulizzatore che spruzza le radici delle piante sospese ogni trenta secondi e poi lascia loro il tempo di asciugare per mezz’ora per evitare che marciscano. Oltre all’acqua, tramite lo spruzzo le piante ricevono 14 minerali di base.

Numerose sono anche le applicazioni nell’ambito della ricerca scientifica e dell’industria farmaceutica. Lavorare sulle radici sospese – pulite e facilmente maneggiabili – permette infatti l’estrazione di componenti anche dalle piante vive, per esempio per realizzare delle creme o dei medicinali. E infatti V-FRM ha già all’attivo due collaborazioni in merito con la Fondazione Mach e l’Università di Bologna. Tra i vantaggi di questa tecnologia c’è infine la facile scalabilità. E V-FRM vuole provarlo realizzando proprio in Be Factory – grazie a un finanziamento di 750 mila euro ottenuto tramite un bando “Smart and Start” di Invitalia – un nuovo prototipo di orto aeroponico con 270 vasche che conterranno 60 mila piante e si auto-sosterranno grazie al recupero dell’acqua di scarico e dell’impianto di climatizzazione.

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